A domanda rispondo 1

Da alcuni anni nelle mie terapie relazionali familiari consiglio ai miei pazienti fra una seduta e l’altra di scrivere tutto quanto si è mosso in seduta, emozioni, sentimenti, pensieri, ricordi, aprendo così una corrispondenza epistolare. Trovo utile ai fini terapeutici questo scambio per alcune buone ragioni. Prima perché la parola scritta è una parola pensata, meditata, aiuta a vedere con più chiarezza il groviglio di vissuti che non trovano risposte. La seconda perché è il prolungamento della terapia, in modo che il tempo dilatato fra una seduta e quella successiva non sia un tempo vuoto. Ripeto sempre, la terapia continua fuori della stanza terapeutica.

Una signora in terapia di coppia in uno scambio epistolare mi chiede:

Dora:     “Secondo Lei l’uomo e la donna si possono amare per tutta la vita? Oppure è ciò che ci detta la nostra società con la Morale?

Terapeuta:    A domanda rispondo. Ci sono amori che durano tutta la vita e amori che durano il tempo di una stella cadente. Il tempo è regolato dalla presenza dell’amore, dal valore che esso ha nella vita dei due, dal significato che si dà alla parola Amore, dai bisogni sani e malsani reciproci che attraggono, da ciò che uno cerca nell’altro, dalle proiezioni che l’uno fa sull’altro senza saperlo, e da tanto altro ancora che non può essere generalizzato.

Semplificando molto il discorso si può dire che fra le tante teorie sull’amore, quella che mi convince di più è la teoria dell’attaccamento. L’attaccamento è un bisogno innato, per cui il bambino si attacca alla madre appena nato, non solo per il bisogno di nutrirsi, ma soprattutto per il bisogno di sentirsi protetto, rassicurato, bisogno di appoggiarsi quando si trova in pericolo o in difficoltà, il bisogno di avere una “base sicura”. Questo bisogno primordiale ci accompagna per tutta la vita, “dalla culla alla tomba” come diceva il fondatore John Bowlby. Anche la relazione di coppia è costruita sul bisogno di attaccamento che spinge a due persone a cercarsi uno da cui sentirsi protetto, rassicurato e amato. Il bisogno di sentirsi amati, accettati fonda la relazione d’amore.

Tenga conto poi che la vita, anche senza che ci si accorga, cambia le carte in gioco, scompiglia il gioco relazionale sul chi vince e chi perde, al punto che se non si sente più amore è meglio, come dice lei “sentirsi da soli, essendo veramente soli, che sentirsi soli essendo in coppia”. La tolleranza al dolore a lungo andare, se supera certi limiti, e ognuno ha il suo limite, produce patologia non solo nell’individuo, ma può estendersi anche negli altri componenti il sistema familiare in cui si vive. Perciò non ho dubbi che è meglio la solitudine che la patologia.

In parte è la mia esperienza e fare scelte responsabili spetta alla persona facendo bene i conti con il suo passato e con il suo presente, e ogni scelta è sempre personale, unica. Quindi non ci sono maestri che possono insegnare che cosa fare[1], anche se oggi il nostro tempo è pieno di maestri prodighi a buon mercato nel dar consigli e ricette per ogni problema.

Al momento concordo con lei “che forse è arrivato il momento di stare sola e conoscere meglio me stessa in solitudine”.

Conoscere meglio se stessi è il problema e il bisogno principale per poter fare scelte responsabili. Il rischio di fare scelte illusorie è sempre presente e così ritrovarsi prima o poi nella stessa insoddisfazione e nella stessa delusione. Se non si è nella condizione di farcela da soli ad uscire dall’insoddisfazione, dalla delusione e dalla sofferenza che tutto ciò comporta è saggia cosa cercare l’aiuto psicoterapeutico, che è quel lavoro narrativo e conoscitivo di se stessi. È seguire l’antico ammonimento scritto a grandi caratteri sul frontone del tempio greco di Apollo a Delfi, luogo dove i pellegrini chiedevano al dio risposte ai loro problemi: “CONOSCI TE STESSO”. Quindi bisogno di ascoltare se stessi, in se stessi trovare le risposte. Consiglio abbastanza semplice, quasi banale, se non fosse che ognuno di noi è un groviglio di sentimenti, bisogni, desideri, nodi irrisolti, ferite spesso sconosciuti, in cui non è facile districarsi e fare la scelta più giusta. E qui viene in aiuto l’insegnamento di Socrate padre della filosofia antica greca che ha usato l’arte maieutica nel suo insegnamento, l’arte di sua madre ostetrica che aiutava a far venire fuori, alla vita, il bambino. La verità è dentro, non fuori di noi.

È questo quello che facciamo noi psicoterapeuti, e quello che cerchiamo di fare con voi.  (continua….)


[1]