2. Un’amica risponde al post Arriva Natale di Erri De Luca
https://www.giuseppebasilepsicoterapeuta.it/1-arriva-il-natale-erri-de-luca/
Un’amica così commenta l’artcolo di Erri De Luca pubblicato ieri nel gruppo degli Amici della Bottega dello Psicoterapeuta
“Una riflessione ampia. Con un incipit, grandioso, il resto, pur importante per ricordare il significato del Natale, è quasi di troppo. C’è tanta mestizia in quell’incipit, i “conti” che sono più che altro vuoti, riempiti per un attimo, e altri vuoti, che riempiamo con il ricordo che teniamo nel cuore, presenze che non possiamo abbracciare”.
Commento
Vero, Daniela, quando arriva il giorno del Natale, è un giorno di disagio, sentito da giorni prima, almeno per me. Un fastidio mi prende, dover pensare alle corse forsennate ai regali, agli auguri obbligati da giorni da un martellamento continuo della pubblicità, espropriati da un pensiero riflessivo che richiede silenzio nel dover fare i conti con noi stessi e con quelli che ci sono vicini per affetto e per consanguineità.
È un dover correre obbligato in un tempo che non è più il tempo del Natale dell’infanzia, della religiosità sentita e vissuta, sostituita laicamente da un babbo natale con il sacco carico regali che compare ovunque ti trovi.
Rimane ancora il rito svuotato di senso dell’incontrarsi, “si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato”.
Si dirà che i tempi sono cambiati, le distanze sono cresciute, fisiche e psicologiche, le relazioni familiari affievolite e gli incontri sono quasi fra sconosciuti, le radici familiari inaridite o tagliate.
Da tutto questo ho preso le distanze da molto tempo, da quando nel mio lavoro psicoterapeutico ho scoperto il valore delle storie familiari, coinvolto emotivamente assieme ai pazienti nelle ricostruzioni delle loro storie. E da quando in particolare con una che ha pensato di fare un regalo natalizio ai suoi figli scrivendo la sua storia come era emersa nel corso delle sedute.
Allora l’ho imitata, pensando che una storia non è un regalo, ma un dono, apparentemente sinonimo, che implica però un dono di sé, di parte della propria storia individuale e relazionale. Storia familiare che se non è scritta e donata rimane povera e sconosciuta, scrittura che richiede impegno e continuità, scrittura che è rivelazione di sé agli altri, almeno per quello che conosciamo di noi stessi. Storia mai completa e intera, storia mancante di parti che solo altri della famiglia conoscono e possono completare. Solo così si può abbassare “il ponte levatoio del castello famiglia” e “far festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio”
La mia storia porta il titolo “La mia storia (e non solo mia) in itinere”, e che sia in itinere lo dimostra il fatto che ho cominciato a scrivere nel lontano 2005 a “pezzi e bocconi” e che solo nel 2015 con la nascita della Bottega dello Psicoterapeuta e con la morte di mio padreho preso l’impegno costante di scrivere d’altro per scrivere di me. E ogni Natale faccio dono alla famiglia di quanto scritto e vissuto ogni anno.
Ho l’età di poterlo fare senza falsi pudori.