9. Il perdono del padre

Scena terza (3)

“Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.

 

L’incontro tra il padre e il figlio è l’incontro tra un padre diverso e un figlio diverso rispetto a prima dell’allontanamento, entrambi cambiati, dopo essere entrambi rientrati in se stessi. Grandeggia però la figura del padre, che ”commosso” gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo baciò”, quasi fosse lui a chiedere il perdono. Confonde, stupisce il figlio che in cuor suo si aspettava ben altra accoglienza, perché era lui a sentirsi colpevole del misfatto dell’allontanamento, dell’“uccisione” del padre, della sua condotta depravata e di aver dissipato tutta la sua parte di eredità.

“Questo incontro, come ogni vero incontro, contiene una sorpresa. Il padre sorprende il figlio che si attendeva il castigo della Legge. E invece egli lo accoglie con uno slancio ricco di luce e forza.

Questo è il movimento assolutamente sorprendente del padre: la sua prima risposta alla vista del figlio è la corsa, il moto del corpo, l’andargli incontro, il commuoversi, i gesti dell’abbraccio e del bacio. Nessuna applicazione inesorabile della Legge, nessuna affermazione della propria giustizia, nessuna sanzione dell’errore del figlio. […] Prima di ascoltare la parola del figlio, prima di sapere cosa lo abbia riportato verso casa, prima di ogni possibile spiegazione, il padre corre verso il figlio, gli getta le braccia al collo e lo bacia.” (Recalcati, Il segreto del figlio, pag. 95-96)

La grandezza che dimostra il padre è il per-dono, il dono che riesce a fare al figlio, il dono della pacificazione, che non è magnanimità, bontà morale personale. Arrivare a saper e poter perdonare implica invece un travaglio interiore, che a fatica porta alla conclusione dell’offerta gioiosa della riconciliazione, ad un ritrovarsi un nuovo padre che accoglie e nuovo figlio che riconosce non solo l’errore, ma la paternità, ingiustamente cancellata e perduta. Ma il padre della parabola è capace di offrire perdono perchè è capace di amare. È l’amore che rimette in gioco le parti e riannoda i legami familiari, che ti fa dire che comunque ne vale la pena, anche se costa fatica.

Nella parabola di Luca è il perdono del padre che -liberando la Legge dalla sua applicazione automatica, dalla sua stessa normatività – consente l’affermazione della vita sulla morte e la grazia infinita di un incontro nuovo. Il perdono del padre eleva l’amore per il figlio a un atto che dà un nuovo senso al mondo intero. Perché il perdono rende nuovamente la vita viva, degna di essere vissuta, degna della possibilità di ripartire

Il dono del perdono non chiede nulla in cambio, non risponde a nessuna logica di scambio, non reagisce a una simmetria. Il perdono fa saltare ogni rappresentazione retributiva della giustizia. Per questa ragione è ciò che mette in luce, il più radicalmente possibile, l’amore come esposizione assoluta. Il perdono non è un’amnesia, non è cancellazione della ferita, non è negazione del trauma dell’offesa. Lo abbiamo visto: non si può perdonare perché si è dimenticato ma, al contrario, si può dimenticare solo se si è perdonato. Perdonare non è aggiustare un vaso rotto. Qualcosa di irreparabile è intervenuto: esiste un’irreversibilità reale dell’offesa e del trauma dell’abbandono. […].

Il padre che sa perdonare è il padre che sa amare, che sa esporsi senza riserve all’incognita del figlio, che sa tramontare. Il suo amore implica un salto, un dono di sé attivo, radicalmente anti-narcisistico, in perdita secca. È forza di apertura: rompe i confini, altera l’identità, de-territorializza, sprigiona ossigeno, aria, consente alla vita di ritornare alla vita e, soprattutto, spezza la traiettoria inesorabile del destino. […]

La vita può essere allora vita nuova. Grazie a questo dono, il figlio può non solo essere ritrovato, ma ritrovarsi egli stesso in modo assolutamente nuovo come figlio. È, infatti, il dono del padre che consente al figlio di essere un figlio. Ma è anche il figlio che, incontrando sulla sua strada la corsa gioiosa del padre, può farsi erede, può, cioè, autorizzarsi davvero a essere figlio, a essere un erede giusto..” (Recalcati, Il segreto del figlio, pagg. 107-110)