Auguri di Buon Natale

Avvicinandosi  la ricorrenza della festività del Natale cristiano, rituale che nel tempo si è trasformato sempre più in un tempo dilatato di consumismo e di “vacanza”, ritorno con una pagina di Enzo Bianchi, pubblicata anni fa, ritrovandola sempre più attuale, che ci aiuta pensare alle vacanze in modo diverso. Buon Natale!

***

 “Il secondo consiglio che ci viene dai padri del deserto è Tace, «Fa’ silenzio!». Consiglio controcorrente e prezioso nel mondo assordante in cui viviamo oggi, in cui il silenzio costituisce un problema ecologico, una creatura in via di estinzione: siamo inondati di parole, messaggi, suoni, rumori, in tutto l’arco della giornata e a volte anche di notte. Al mattino ci si alza e si ascoltano parole, messaggi e musiche che vengono dalla radio o dalla televisione che fanno da sfondo al nostro lavarci, vestirci, fare colazione. Poi si va al lavoro: sui mezzi pubblici di nuovo rumori, telefonate, parole e messaggi accavallati gli uni sugli altri; in auto musica, notizie, dibattiti radiofonici; sul posto di lavoro i rumori e le parole sono quelli «professionali», aggravati da un’atmosfera di fretta che toglie il respiro; infine si torna a casa e sovente invece del dialogo pacato e dell’ascolto di chi ci sta intorno, si assorbono ancora suoni, parole, rumori e immagini da quel mezzo di comunicazione unidirezionale che è la televisione.

Non è sempre stato cosi per noi uomini, e questa novità, inseritasi cosi prepotentemente nel nostro quotidiano, non è ancora stata valutata a fondo. Tutti, comunque, dicono di volere il silenzio anche se poi, una volta faticosamente raggiunto, questo incute paura, desta angoscia come se fosse vuoto, assenza. Ma il dato negativo è che la funzione principale della parola, la comunicazione, è gravemente malata. Le nostre parole non sembrano più capaci di creare relazioni, di generare comunione: sembrano ormai non aver più peso, quando addirittura non risultano cariche di violenza.

Ecco allora le vacanze come occasione di fare silenzio, di abitare il silenzio, di vivere il silenzio. Al mattino presto, al mare come in montagna, è possibile trovare spazi solitari dove il silenzio è non solo possibile, ma aiutato dalla natura stessa. Senza il silenzio, che vacanze possono mai essere? Il silenzio ci insegna a parlare, ci aiuta a discernere il peso delle parole, porta a interrogarci su quanto abbiamo detto o sentito: nessun mutismo, ma quel silenzio che restituisce a ogni parola un significato, che impedisce ai suoni di diventare rumori, che trasforma il «sentito dire» in ascolto. Il silenzio, allora, come custodia del fuoco che arde nel nostro cuore, custodia delle nostre motivazioni più profonde, occasione di uscita dal vortice: con il silenzio possiamo scendere dalla giostra, smettere di ruotare senza mai aver in mano la direzione. Grazie al silenzio, quante potenzialità ritrovate nell’esercizio dei nostri sensi: se per percepire meglio un gusto particolare chiudiamo gli occhi, perché non renderci conto che il silenzio affina lo sguardo, l’udito, il tatto …

…. Ma le vacanze nel loro stesso nome ci invitano a questo: vacare significa «tralasciare», «smettere», discostarsi da un ritmo quotidiano per ritrovare l’autentica vita interiore, è un uscire da quello che facciamo per rientrare in quello che siamo, un far tacere quello che ci assorda per tornare a utilizzare l’orecchio del cuore. “

Enzo Bianchi – Ogni cosa alla sua stagione- Einaudi 2010

 

Giuseppe Basile

Ma come si fa a riuscire ad accogliere questa apparente assurda proposta di fare un pò di deserto, quando tutto ti costringe a vivere in un rumore alienante continuo? Sembra più un consiglio per altri tempi, per altra vita, per altre persone che potrebbero permettersi il “lusso” di pensare e vivere il tempo che passa. Chi ha questo tempo di dare il giusto peso allo scorrere del tempo appunto?

Da questo paradosso si esce se non si mettono in contrapposizione le due alternative, secondo il principio logico del “o, o” , o il rumore o il silenzio, ma se si riconosce quello pragmatico del “e, e”, e il rumore che fa parte della vita, e il silenzio che dà senso al rumore. Silenzio che ci fa capire che c’è un rumore che si può eliminare, un rumore che si può ridurre, un rumore che bisogna capire e vivere. Non è un problema temporale o di quantità, ma di qualità di vita, per cui le due alternative non solo possono coesistere, ma debbono coesistere.

Infatti nell’antico libro biblico sapienziale del Qoelet lo scorrere della vita è poeticamente rappresentato come compresenza di fatti, eventi, sentimenti in cui i contrari non si escludono, ma si riconoscono necessari, ognuno con il suo tempo….

” Per tutto c’è il suo momento, un tempo per ogni cosa sotto il cielo.

C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,

un tempo per piantare e un tempo per sradicare.

Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,

un tempo per demolire e un tempo per costruire.

Un tempo per piangere e un tempo per ridere,

un tempo per gemere e un tempo per ballare.

Un tempo per gettare e un tempo per raccogliere,

un tempo per abbracciare e un tempo per allontanarsi.

Un tempo per cercare e un tempo per perdere,

un tempo per conservare e un tempo per gettare.

Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,

un tempo per tacere e un tempo per parlare.

Un tempo per amare e un tempo per odiare,

un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

(QOELET 3,2-8)

 

Non c’è dubbio però che non tutte le età della vita aiutano a trovare e vivere il silenzio, per cui la vecchiaia, e non tanto perchè questa è un tempo “depressivo” e i depressi sono silenziosi, è il tempo in cui è più facile mettere ogni cosa al suo giusto posto. Ma è in ogni età che bisogna imparare a trovare un angolo in cui fermarsi per un momento, anche in quella infantile come fa un bambino di 4 anni, figlio di amici, che in un intermezzo di vita quotidiana dice alla sua mamma: ” Mamma, posso rimanere piccolo per tutto il giorno?”. mamma, posso non crescere mai?”. Non crescere per un giorno, fermare il tempo ritmato, per comunicare un bisogno di stare attaccato alla sua mamma, da solo, forse senza lottare per condividerla con gli altri suoi fratellini più piccoli. ”Un tempo per ogni cosa sotto il cielo”.

La saggezza è la misura del tempo.