Bauman: “Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati”

Bauman: “Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati”

 Non conosciamo più la gioia delle cose durevoli, frutto di lavoro. Il grande sociologo spiega come i legami siano stati sostituiti dalle “connessioni”. E aggiunge: “Ogni relazione rimane unica: non si può imparare a voler bene”. Disconnettersi è solo un gioco. Farsi amici offline richiede impegno

di RAFFAELLA DE SANTIS

Amarsi e rimanere insieme tutta la vita. Un tempo, qualche generazione fa, non solo era possibile, ma era la norma. Oggi, invece, è diventato una rarità, una scelta invidiabile o folle, a seconda dei punti di vista.

Zygmunt Bauman sull’argomento è tornato più volte. I suoi lavori sono ricchi di considerazioni sul modo di vivere le relazioni: oggi siamo esposti a mille tentazioni e rimanere fedeli certo non è più scontato, ma diventa una maniera per sottrarre almeno i sentimenti al dissipamento rapido del consumo. Amore liquido, uscito nel 2003, partiva proprio da qui, dalla nostra lacerazione tra la voglia di provare nuove emozioni e il bisogno di un amore autentico.

Cos’è che ci spinge a cercare sempre nuove storie?                          Il bisogno di amare ed essere amati, in una continua ricerca di appagamento, senza essere mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L’amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il   desiderio di emozioni e la paura del legame”.

Dunque siamo condannati a vivere relazioni brevi o all’infedeltà.
“Nessuno è “condannato”. Di fronte a diverse possibilità sta a noi scegliere. Alcune scelte sono più facili e altre più rischiose. Quelle apparentemente meno impegnative sono più semplici rispetto a quelle che richiedono sforzo e sacrificio”.

Eppure lei ha vissuto un amore duraturo, quello con sua moglie Janina, scomparsa due anni fa.                                               “L’amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l’uso.   È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno. Mi creda, l’amore ripaga quest’attenzione meravigliosamente. Per quanto mi riguarda (e spero sia stato così anche per Janina) posso dirle: come il vino, il sapore del nostro amore è migliorato negli anni”.

Oggi viviamo più relazioni nell’arco di una vita. Siamo più liberi o solo più impauriti? “Libertà e sicurezza sono valori entrambi necessari, ma sono in conflitto tra loro. Il prezzo da pagare per una maggiore sicurezza è una minore libertà e il prezzo di una maggiore libertà è una minore sicurezza. La maggior parte delle persone cerca di trovare un equilibrio, quasi sempre invano”.

Lei però è invecchiato insieme a sua moglie: come avete affrontato la noia della quotidianità? Invecchiare insieme è diventato fuori moda?

“È la prospettiva dell’invecchiare ad essere ormai fuori moda, identificata con una diminuzione delle possibilità di scelta e con l’assenza di “novità”. Quella “novità” che in una società di consumatori è stata elevata al più alto grado della gerarchia dei valori e considerata la chiave della felicità. Tendiamo a non tollerare la routine, perché fin dall’infanzia siamo stati abituati a rincorrere oggetti “usa e getta”, da rimpiazzare velocemente. Non conosciamo più la gioia delle cose durevoli, frutto dello sforzo e di un lavoro scrupoloso”.

Abbiamo finito per trasformare i sentimenti in merci. Come possiamo ridare all’altro la sua unicità?                                                                                  “Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l’opportunità di enormi profitti. E ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento. L’amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l’altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione. Ma possiamo comprare tutto, non l’amore. Non troveremo l’amore in un negozio. L’amore è una fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana”.

Forse accumuliamo relazioni per evitare i rischi dell’amore, come se la “quantità” ci rendesse immuni dell’esclusività dolorosa dei rapporti.
“È così. Quando ciò che ci circonda diventa incerto, l’illusione di avere tante “seconde scelte”, che ci ricompensino dalla sofferenza della precarietà, è invitante. Muoversi da un luogo all’altro (più promettente perché non ancora sperimentato) sembra più facile e allettante che impegnarsi in un lungo sforzo di riparazione delle imperfezioni della dimora attuale, per trasformarla in una vera e propria casa e non solo in un posto in cui vivere. “L’amore esclusivo” non è quasi mai esente da dolori e problemi – ma la gioia è nello sforzo comune per superarli”.

In un mondo pieno di tentazioni, possiamo resistere? E perché?
“È richiesta una volontà molto forte per resistere. Emmanuel Lévinas ha parlato della “tentazione della tentazione”. È lo stato dell'”essere tentati” ciò che in realtà desideriamo, non l’oggetto che la tentazione promette di consegnarci. Desideriamo quello stato, perché è un’apertura nella routine. Nel momento in cui siamo tentati ci sembra di essere liberi: stiamo già guardando oltre la routine, ma non abbiamo ancora ceduto alla tentazione, non abbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno. Un attimo più tardi, se cediamo, la libertà svanisce e viene sostituita da una nuova routine. La tentazione è un’imboscata nella quale tendiamo a cadere gioiosamente e volontariamente”.

Lei però scrive: “Nessuno può sperimentare due volte lo stesso amore e la stessa morte “. Ci si innamora una sola volta nella vita?                                “Non esiste una regola. Il punto è che ogni singolo amore, come ogni morte, è unico. Per questa ragione, nessuno può “imparare ad amare“, come nessuno può “imparare a morire”. Benché molti di noi sognino di farlo e non manca chi provi a insegnarlo a pagamento “.

Nel ’68 si diceva: “Vogliamo tutto e subito”. Il nostro desiderio di appagamento immediato è anche figlio di quella stagione?
“Il 1968 potrebbe essere stato un punto d’inizio, ma la nostra dedizione alla gratificazione istantanea e senza legami è il prodotto del mercato, che ha saputo capitalizzare la nostra attitudine a vivere il presente”.

I “legami umani” in un mondo che consuma tutto sono un intralcio?
“Sono stati sostituiti dalle “connessioni”. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini. Su Facebook si possono avere centinaia di amici muovendo un dito. Farsi degli amici offline è più complicato. Ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità. Ciò che si guadagna in facilità (scambiata per libertà) si perde in sicurezza”.

Lei e Janina avete mai attraversato una  crisi?                                               “Come potrebbe essere diversamente? Ma fin dall’inizio abbiamo deciso che lo stare insieme, anche se difficile, è incomparabilmente meglio della sua alternativa. Una volta presa questa decisione, si guarda anche alla più terribile crisi coniugale come a una sfida da affrontare. L’esatto contrario della dichiarazione meno rischiosa: “Viviamo insieme e vediamo come va…”. In questo caso, anche un’incomprensione prende la dimensione di una catastrofe seguita dalla tentazione di porre termine alla storia, abbandonare l’oggetto difettoso, cercare soddisfazione da un’altra parte “.

Il vostro è stato un amore a prima vista?                                                       “Sì, le feci una proposta di matrimonio e, nove giorni dopo il nostro primo incontro, lei accettò. Ma c’è voluto molto di più per far durare il nostro amore, e farlo crescere, per 62 anni”.

Repubblica 09 agosto 2018

Commento

“Amarsi e rimanere insieme tutta la vita. Un tempo, qualche generazione fa, non solo era possibile, ma era la norma”.

Veramente era la norma stare insieme tutta la vita, ma perché obbligati, anche senza amarsi. L’amore non si misura dal tempo in cui si sta insieme, ma dal come si sta insieme e dal perché. Oggi si sta insieme addirittura senza amore, ma per necessità, chi per prestare cura, se ci sono, ai figli piccoli, chi perché non ha autonomia economica, chi perché comunque nello stare assieme trova un qualche altro vantaggio. D’altronde oggi è norma generalizzata cercare e creare nuove relazioni d’amore stabili dopo la rottura del primo legame d’amore. È superficialità, un provare ancora una nuova relazione più appagante nella speranza che non sia una ripetizione della prima, è il bisogno sessuale comunque che spinge a cercare altre esperienze di coppia, è il bisogno di amore, o un qualche altro bisogno nascosto?

È “Il bisogno di amare ed essere amati” è la risposta di Bauman, che apparentemente, è quasi una formula che spieghi perchè gli uomini sono continuamente alla ricerca di amore. Ma senza specificare il significato pregnante che ha la parola amore. Si potrebbe dire che la parola amore è polisemantica, in cui molteplici significati sono contenuti, anche se così resta sempre indefinita e confusa. Per me bisognerebbe invertire i bisogni di cui parla Bauman per spiegare la sua definizione di amore liquido, “diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame”.

Io chiamo “amore” con la parola attaccamento, se non altro perché ha un fondamento biologico, e che non è solo umano. È il primo bisogno innato di aver vicino un altro che rassicuri, che dia sicurezza, che sia di sostegno quando ci si sente bisognosi di aiuto, di aver bisogno di un altro su cui appoggiarsi per andare avanti nelle difficoltà, di poter contare su qualcuno che si prenda cura di noi e da cui sentiamo di essere nella loro mente e nel loro cuore.

Per il neonato la nascita è un trauma, è il passaggio da una condizione di vita prenatale autosufficiente ad una condizione di dipendenza totale da un altro, la madre, e da altre persone che si prendano cura di lui assicurandogli benessere fisico e psichico. Se assicurare il benessere fisico non è problema, lo è invece assicurare quello psichico perché dipende dalla relazione tra madre e figlio inizialmente e poi dalle relazioni che crescendo il bambino fa con altre figure familiari. È il bambino però che sceglie la figura di attaccamento, e non è detto che sia la madre, che riconosce la persona da cui si sente amato. È il sentimento che il neonato cerca nel volto della madre e se non lo vede in lei, lo cerca in un’altra figura adulta, il padre, o un altro familiare adulto, nonno, fratello.

Tutti cresciamo con il nostro bisogno di attaccamento, con il nostro bisogno di amore per tutta la vita, sempre alla ricerca di questa figura da cui sentirsi amati, tanto che Bowlby, il padre della teoria dell’attaccamento, diceva che il bisogno di attaccamento ci accompagna dalla culla alla tomba. Da adulti cerchiamo un altro adulto su cui contare in caso di bisogno, perchè da soli non si sopravvive, e da cui sentirsi apprezzati, amati. Tutto questo lo si può tradurre in breve con la parola amore. La caratteristica dell’attaccamento adulto nella relazione di coppia rispetto a quello infantile è la reciprocità, per cui se uno sostiene, altrettanto l’altro ha bisogno di essere sostenuto, se uno si prende cura di me, anch’io ho bisogno che l’altro si prenda cura di me. Nessuno di noi è autosufficiente e tutti abbiamo bisogno dell’altro.

Nessuno può “imparare ad amare”, come nessuno può “imparare a morire”, risponde Bauman alla domanda dell’intervistatore, se ci si innamora una sola volta nella vita. L’amore è unico e non ci si innamora mai due volte della stessa persona o di un’altra persona con lo stesso amore di prima. Come ogni persona è unica, così ogni volta l’amore è unico, non è un’arte che si impara e che si insegna. Ricordo un caso clinico di un uomo che nella sua vita si era sposato sette volte e all’ultima crisi va in terapia e scopre che si era innamorato e separato sempre della stessa persona. Per questo dico che l’amore si sente, e che non si esprime a parole, dico che non è un concetto su cui possiamo discutere, anche se ne discutiamo mille volte. Il linguaggio dell’amore non è il linguaggio delle parole, è un linguaggio semantico, il linguaggio non verbale dei segni, e non ci sono scuole e corsi dove lo si apprende, “benché molti di noi sognino di farlo e non manca chi provi a insegnarlo a pagamento “, conclude Bauman.

Una risposta a “Bauman: “Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati””

  1. Cristina Clementi
    “Ma fin dall’inizio abbiamo deciso che lo stare insieme, anche se difficile, è incomparabilmente meglio della sua alternativa. “

    Giuseppe Basile
    Sì certo, Cristina Clementi, dipende dall’alternativa però. Se l’alternativa è la solitudine, meglio comunque essere in due, nonostante le difficoltà e le crisi che si vivono in una relazione di coppia. Le difficoltà e le crisi si possono affrontare e superare, se c’è amore, aggiungo io. Un amore senza crisi non esiste, perché la crisi è segnale di un cambiamento richiesto dall’uno o dall’altro e comunque dalla relazione che manifesta segni di una sofferenza. E perchè ognuno cambia nel tempo lungo, non è mai sempre quello di prima. Se c’è amore, c’è comprensione del bisogno nuovo dell’altro, prendersi cura di questa sofferenza, desiderio di aiutarsi.
    Ma se non c’è amore si fa l’esperienza della distanza, dell’allontanamento, del silenzio assordante, della sofferenza dello stare assieme, della solitudine, anche se apparentemente nel migliore dei modi tutto continua a filare come prima. Ma è un prima che stona perché non tiene conto che la relazione di coppia è già in un dopo con cui bisogna fare i conti.
    Allora alla domanda: cosa fare? Anche qui non ci sono maestri, ognuno deve fare la sua scelta, se la può fare. La cosa peggiore è stare nella sofferenza intollerabile che per sua natura si autoalimenta.

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