Che cosa strana è il mondo 23 – – Credere e sapere – Jean d’Ormesson

CREDERE E SAPERE

 

Quel che c’è di bello con Dio è che la familiarità con lui non è riservata a quelli che sanno. Si può non sapere niente e credere in Dio. È un caso molto frequente. Si può sapere tutto, o quasi tutto, e non credere in Dio. È un atteggiamento quasi altrettanto diffuso. Si può non sapere niente e credere che Dio sia una frottola. E si può anche sapere tutto ciò che è possibile sapere e spingere la propria ingenuità fino a credere ancora a Dio. «Tutto è immenso – scrive Péguy con un’ ombra di provocazione – eccetto il sapere». E aggiunge: «Le nostre conoscenze non sono niente di fronte alla realtà conoscibile, e ancora di più, forse, di fronte alla realtà inconoscibile».

Il mondo è inesauribile e Dio non è di questo mondo. Se esiste, è altrove. E anche nel cuore degli uomini che hanno bisogno di altro rispetto al mondo al quale appartengono.

 

ANCORA IO

 

Non so se Dio esiste, ma da sempre lo spero con forza. Perché bisognerebbe che esistesse comunque altrove qualcosa che somigli un po’ più da vicino, rispetto a quanto accade tra noi, a una giustizia e a una verità che non smettiamo di cercare, che dobbiamo perseguire e che non raggiungeremo mai.

Di tanto in tanto, lo confesso, il dubbio ha la meglio sulla speranza. E, di tanto in tanto, la speranza ha la meglio sul dubbio. Questo crudele stato di incertezza, questa fluctuatio animi» per dirla con Spinoza, non durerà per sempre. Grazie a Dio, morirò.

 

HO AVUTO FORTUNA

 

Morirò. Avrò vissuto. Mi sono spesso chiesto cosa avevo fatto di questa vita. La risposta era abbastanza chiara: l’ho amata. Ho molto amato questo mondo. Non ho chiesto di venirci. Ci sono stato gettato. Per quanto tempo? Non lo so. (Ma comincio a indovinarlo). Per chi? Non lo so. Perché? Non lo so. So soltanto che sono stato felice qui.

Ho avuto fortuna. Il mio secolo era un periodo aspro. Tutti i periodi, immagino, hanno conosciuto delle infelicità. Anche la Grecia di Pericle, anche l’Italia del Rinascimento, anche il XVIII secolo francese, in apparenza così delizioso. Ma, quanto a disastri, a crudeltà, a dolori, il XX secolo è stato viziato. Molta gente intorno a me ha conosciuto grandi sofferenze. L’odio, la guerra, la morte, la malattia, la povertà, la disperazione hanno colpito ripetutamente il mondo del mio tempo. Il paese, la lingua a cui appartengo, hanno avuto un lento declino via via che invecchiavo. Con l’aureola della sua vittoria sugli imperi centrali, la Francia tra le due guerre era ancora il centro dell’universo. Il cammino verso la Seconda Guerra Mondiale è stato un dolore illuminato da libri più brillanti che mai. La disfatta del 1940 è stata il colpo più duro mai portato a questo paese. I sei anni di guerra sono stati un orrore. Il mondo ne è uscito spezzato e come disincantato. L’immagine che resterà di quel tempo non è molto brillante. La scienza e la tecnica hanno fatto dei progressi inauditi. Hanno reso la vita più facile e meno dura. E cominciano a fare paura. Credo, e forse mi sbaglio, che gli uomini sperassero in qualcosa di meglio. Sembra che Einstein, alla fine della sua vita, avrebbe preferito essere stato un idraulico.

In questo disincanto generale, io ho fatto quel che ho potuto. Visto che era stata con me di un’indulgenza evidente, ho cercato di rendere la vita meno oscura e a volte quasi allegra. Era il minimo che potessi fare. In questo gioco di dolore e allegria, le domande fluttuavano: perché questa fortuna? Chi ringraziare? Perché gli altri erano deportati, fucilati, impiccati, decapitati, portati via a vent’anni dalla velocità o dal cancro, devastati dalle disgrazie, distrutti dalla sfortuna – e io no? Ho la gotta e il raffreddore da fieno, sono sordo, svengo ogni tanto, faccio l’amore meno spesso e corro molto meno veloce: è una seccatura – ma alla fine non mi lamento. Ho avuto fortuna. Grazie. Forse più di altri. Scusate.

Non ho solamente avuto fortuna. Sono nato. Perché? Ho partecipato a questa grande avventura degli uomini – di cui essi si occupano così poco. Perché? Perché ci sono degli uomini? Perché c’è un mondo? Perché c’è qualcosa invece di niente?