Che cosa strana è il mondo 24 UN’AVVENTURA DEL BARONE DI MUNCHHAUSEN

UN’AVVENTURA DEL BARONE DI MUNCHHAUSEN

 

Dio è inverosimile, è assodato. L’assenza di Dio è ancora più inverosimile.

Molti astrofisici e specialisti di cosmologia sostengono che l’universo si è costituito da solo per il gioco del caso e della necessità. Essendo il caso stesso un incrocio accidentale di necessità, chiediamoci da dove venga fuori la catena di effetti e di cause e quella nozione di necessità che l’evidenza non protegge dagli interrogativi. La necessità è reale e arbitraria come tutto il resto dell’universo: lo spazio, il tempo, la materia, la vita, l’evoluzione.

Le avventure del barone di Mùnchhausen – da cui è derivata, in piena Rivoluzione, per divertire i borghesi scossi dal Terrore, la versione francese di Monsieur de Crac dans son petit castel – hanno conosciuto un grande successo nell’Europa germanica alla fine del XVIII secolo. Quello che accade in questo fumetto geniale al barone Karl Hyeronimus von Miinchhausen – che nella vita reale era nato a Hannover prima di arruolarsi nell’ armata russa per battersi contro i turchi – è follemente divertente.

Emulo di Luciano di Samosata e di Cyrano de Bergerac, precursore di Dumas, di Jules Verne, di H.G. Wells, di Tintin, va sulla Luna seduto su una palla di cannone. Durante le sue peregrinazioni, gli accade, fra decine di altre, un’avventura che lo mette a dura prova: cade in una palude che sta per inghiottirlo. Si salva da questa pericolosa situazione con un abile stratagemma: si tira da solo per i capelli e per gli stivali e riesce a tirarsi fuori, senza alcun aiuto esterno, dall’abisso in cui stava sprofondando.

Gli astrofisici che perorano la causa di un universo che nasce tutto da solo dal niente si richiamano apertamente, senza la minima vergogna e con un umorismo corrosivo del quale non ci si può che felicitare con loro, al barone di Miinchhausen. Il tutto si sprigiona dal niente in un movimento battezzato «bootstrap» in ricordo del barone. È una piacevole invenzione. Per quanto inverosimile possa sembrare, Dio, al confronto, ha un lato familiare e casalingo di una rassicurante banalità.

 

 

DIO FUORI DAL MONDO

 

Molti argomenti, spesso convincenti, sono stati avanzati contro Dio. Non è difficile attaccarlo. Siamo degli uomini e, agli occhi degli uomini, non c’è niente – o quasi niente- di più assurdo di Dio. Duecento anni prima di Sant’Agostino un apologeta cristiano l’aveva già capito: «Credo quia absurdum – Credo perché è assurdo».

Uno degli argomenti degli avversari di Dio riposa su una regressione all’infinito. Per supporre che Dio abbia creato il mondo, e che sia la causa di tutte le cose, occorrerebbe un altro Dio che sia la causa di questo Dio creatore e così di seguito all’infinito. Come immaginare che l’universo stesso sia eterno e che una serie continua di catastrofi, di inizi e di fini, con o senza Big Bang, si incateni senza tregua in un ciclo senza fine. È ciò che pensano – e certo è un loro diritto – molti di quelli che non credono in Dio.

Una tale concezione non è né più né meno incomprensibile per la mente umana di un Dio creatore. «Prima» del Big Bang, dall’ altro lato del muro di Planck, siamo in ogni caso nell’ineffabile e nell’impensabile. Soprattutto se il tempo, a immagine dello spazio, è creato dal Big Bang. Il privilegio di Dio è di fermare su di sé la corsa infernale delle cause e degli effetti. In assenza del tempo e del suo svolgimento, Dio sfugge a questa catena di effetti e di cause. Costituisce una specie di ascesso di fissazione del mistero e dell’assurdo. Se esiste, è ciò che gli antichi filosofi chiamavano causa sui, causa di se stesso, sua propria causa. […]

Questa idea di un Dio fuori dal tempo può sembrare folle. Lo è ai nostri occhi perché noi, per tutta la durata della nostra vita, siamo sprofondati nel tempo. Non lo è molto più di tutte le costruzioni edificate, una dopo l’altra, per sfuggire all’ipotesi di un Dio creatore dell’universo. Oltre il Big Bang, con Dio o senza Dio, non possiamo che riconoscere la nostra impotenza e constatare che le nostre leggi hanno smesso di funzionare – o non sono ancora state create, come il Sole o la nostra Terra o la Luna prima della loro apparizione nell’immenso firmamento.

 

Jean d’Ormesson – Che cosa strana è il mondo