Che cosa strana è il mondo 28

GLI UOMINI HANNO BISOGNO DI SENSO

Jean d’Ormesson

GLI UOMINI HANNO BISOGNO DI SENSO

Conduciamo un’esistenza fatta di incontri e in cui regna il caso. Il più delle volte navighiamo a vista. Alla domanda: «Cosa hai fatto della tua vita?» non è facile rispondere. Cerchiamo malgrado tutto di trovare nel nostro percorso una parvenza di coerenza, foss’anche nel disordine e nel rifiuto. Gli uomini hanno bisogno di senso come hanno bisogno di acqua, di luce o di aria.

Un’attività tra le altre si accanisce a mettere ordine nel caso e a dare un senso a dei fenomeni apparentemente casuali e senza legame tra loro: la scienza.

Per essa, con evidenza, il mondo presenta una coerenza rigorosa. Risponde a una logica nascosta e profonda. La scienza è legata a un segreto che essa si sforza di strappare alla materia e alla natura. L’universo, nel suo funzionamento e nel suo minimo dettaglio, non le appare come assurdo.

Eppure accetta volentieri l’idea che delle regole così strette vengano dal niente e finiscano nel niente, che la vita di questi uomini capaci di capire l’ordine delle cose si compia in una morte assurda e che questo universo così severamente strutturato in ognuno dei suoi cornponnenti non abbia il minimo senso nella sua totalità.

IL MISTERO È IL NOSTRO DESTINO

Sosterremo che il mondo senza Dio è assurdo e che sarebbe meno assurdo con Dio? Certo che no. Ricordiamoci la nostra formula: «Credo quia absurdum». Anche Dio è assurdo per noi, poveri umani.

Nessuno è capace di sfuggire alla vertigine che ci prende di fronte al mondo e di fronte al nostro destino. Non smettiamo mai di scontrarci con l’incomprensibile. Tutto ciò che possiamo fare, ed è già qualcosa di immenso, è interrogarci sulla morte e su Dio.

Ciò che è impossibile è pretendere che le cose siano come sono e che non ci si debbano fare domande. Con Dio o senza Dio, siamo sprofondati nel mistero. Siccome il tempo passa e la morte c’è, il mistero è il nostro destino. «La più bella esperienza che possiamo fare – diceva Einstein – è quella del mistero».

ALLA LUCE DELL’ESSERE

C’è una differenza tra il mistero di prima-della-nostra- nascita e il mistero di dopo-la-nostra-morte, come c’è una differenza tra il mistero dell’altro-lato-del-muro di- Planck e il mistero del dopo-la-fine-dei-tempi: questa differenza è la vita, questa differenza è la storia, questa differenza è la coscienza che possiamo averne. Ognuno di noi, come il mondo stesso, è entrato nel tempo. E ognuno di noi si chiede cosa ci sia venuto a fare.

[…] Entrare nel tempo è, in un certo modo, partecipare all’essere. Il tempo, che scorre sempre, ci separa dalla permanenza immobile e radiosa dell’essere. Ma, essendo noi capaci di pensare, ce ne dà un’idea, ce lo mostra da lontano, a tratti.

Nel senso opposto a questa freccia del tempo che va dal Big Bang al disastro e dalla nostra nascita alla nostra morte, il futuro non è da nessuna parte prima di diventare presente e poi passato. E anche il passato non è da nessuna parte – ma  a differenza del futuro ha subito la prova del fuoco, ha transitato attraverso l’esistenza, si è bruciato le ali alla iuce dell’essere. Il futuro non è da nessuna parte, ma resuscitato dalla nostra memoria, il passato è da qualche parte – bravo chi indovina dove. Nello stesso modo,  l’universo non era da nessuna parte prima del Big Bang e sarà da qualche parte dopo la fine del tempi. E noi non eravamo da nessuna parte prima della nostra nascita, ma saremo forse da qualche parte dopo la nostra morte – bravo chi indovina dove.

Jean d’Ormesson – Che cosa strana è il mondo – Edizioni Clichy 2015