Il Passato: Svanito
Il passato è dato. Non è assente come il futuro. Non è nemmeno eterno – o quasi eterno – e volatile come il presente. È dato. Ma è svanito.
Se n’è andato. È scomparso. Eccolo sistemato per sempre in un ruolo fisso. È stato, non è più, ma è ancora in una certa misura.
Fino all’invenzione della scrittura, il passato non aveva altro luogo che il cervello degli uomini. Potevano esserci delle tracce, delle vestigia, delle eredità. Occorreva la ragione e il linguaggio per interpretarle. La scrittura ha permesso di fissare nello spazio gli avvenimenti che si sono succeduti nel tempo e di registrarli. È la stampella che permette alla memoria di andare e di venire con più facilità.
I primi testi di cui disponiamo fanno il conto del bestiame, enumerano le mietiture, ricordano i fatti importanti dei re protetti dagli dei da cui discendono in linea retta. Cifre e nomi di cui sarebbe difficile ricordarsi alla lunga senza un catalogo e una nomenclatura. Più tardi, le cose si complicano, e milioni e milioni di libri, nell’ attesa di film e macchine, mantengono in stato di sopravvivenza artificiale un passato finito alle ortiche, privato di coscienza e non in grado di difendersi né contro le interpretazioni contraddittorie né contro l’oblio.
Grazie alla scienza, un passato sempre più lontano si svela ai nostri occhi. Fino agli inizi del XIX secolo, conformemente agli insegnamenti della Bibbia e della Genesi, che non era il caso di rimettere in discussione, il passato dell’uomo contava appena qualche migliaio di anni. Darwin aggiunge milioni e milioni di anni alla giovinezza, all’infanzia, alla genealogia dell’umanità. Un prete ceco nell’antica Austria-Ungheria, Johann Mendel, scoprendo le leggi dell’ereditarietà, poi Crick e Watson, stabilendo la struttura a doppia elica del DNA e definendo il codice genetico, portano una conferma esplosiva e ulteriori informazioni alla visione di Darwin. Oltre ai primati e alle scimmie che sono i nostri cugini più prossimi, oltre ai dinosauri scomparsi sessantacinque milioni di anni prima di noi, oltre alle meduse e alle alghe, gli antenati dell’uomo risalgono alle origini della vita, un po’ meno di quattro miliardi di anni fa.
I giornalisti ci parlano di oggi. I romanzieri di ieri e di domani. Gli storici della decina o ventina di secoli che ci precedono. Alcune centinaia di migliaia o alcuni milioni di anni sono il campo degli antropologi e dei paleontologi. Alcune decine o alcune centinaia di milioni di anni sono il campo degli embriologi e degli zoologi. Quattro miliardi di anni è quello dei biologi. Fisici e matematici ci portano ancora molto più lontano – fino al Big Bang. La questione è sapere ciò che troveremo proprio in fondo all’avventura a ritroso, all’inizio pieno di mistero di tutte le cose di questo mondo.
Jean d’Ormesson – Che cosa strana è il mondo – Edizioni Clichy 2015