A COSA PENSANO GLI UOMINI?
A COSA PENSANO GLI UOMINI?
Gli uomini vivono. Ci sono. Non da molto tempo.
Per quanto tempo? Nessuno lo sa. Ma, alla fine, ci sono.
E pensano.
A cosa pensano? A piacere, ad amare, alla loro salute, a sbagliare, a pagare le tasse, a partire per le vacanze, a guadagnare soldi, a non perdere il treno, a prendere il potere, a sistemare una trappola, ad avere la meglio sul prossimo, a collezionare francobolli, a fare la rivoluzione.
Nel migliore dei casi, a salvare una vita, a dipingere dei fiori o una Vergine, a scrivere un’opera, a costruire un edificio. E poi, come me un mattino d’estate sulle rive del Mediterraneo, si chiedono che cosa ci fanno lì, da dove vengono e dove vanno.
IL PRESENTE: ETERNO – O QUASI ETERNO
Questi uomini che pensano col loro corpo vivono in qualcosa di curioso e di quasi inesprimibile, che è l’evidenza stessa, che non ha alcuna realtà – e che noi chiamiamo presente.
Il presente è una prigione senza sbarre, una rete invisibile, senza odore e senza massa, che ci avvolge dappertutto. Non ha né apparenza né esistenza, e non ne usciamo mai. Nessun corpo ha mai vissuto altrove che nel presente, nessuna mente ha mai pensato a niente che non fosse nel presente. È nel presente che ci ricordiamo del passato, è nel presente che progettiamo il futuro. Il presente cambia continuamente e non smette mai di esserci. E noi ne siamo prigionieri. Passeggera e precaria, spaventosamente temporanea, stretta tra un futuro che la invade e un passato che la divora, la nostra vita non smette mai di svolgersi in un presente eterno – o quasi eterno – che sta sempre svanendo o che sta sempre rinascendo.
Jean d’Ormesson – Che cosa strana è il mondo – Edizioni Clichy 2015