Che strana cosa è il mondo . . Che la luce sia 6

IL FILO DEL LABIRINTO

Un po’ meno di tremila anni fa, sulle rive del Mediterraneo orientale, si apre un’epoca prodigiosa. Tutte le epoche hanno i loro prodigi e portano alla storia la loro quota di disastri e di miracoli. Ma quel periodo è così ricco in inizi e in invenzioni di ogni genere da assumere facilmente nella memoria degli uomini l’aspetto di una primavera della storia.

Nel IX secolo prima della nostra era, in Asia minore, in una regione in cui la gente parlava una lingua di origine indoeuropea che si chiama greco, nasce il primo e il più grande poeta di quel tempo: Omero. Sette città ancora recenti e già trionfanti di quell’epoca si disputano l’onore di avergli dato la luce; noi non sappiamo quasi niente della sua vita, la leggenda lo narra cieco, non è sicuro che sapesse scrivere. È considerato l’autore di due poemi epici di una bellezza sconvolgente e ancora capaci, dopo tanti secoli, di darci tanta felicità: l’Iliade e l’Odissea.

 […] Composti all’alba della scrittura, questi due poemi epici, di cui uno è un racconto di guerra e l’altro il più formidabile dei racconti d’avventura, sono stati a lungo recitati da aedi perfino prima di essere stesi per scritto. Omero stesso è un aedo, cioè un cantore. Canta i suoi versi accompagnandosi con una cetra a tre o quattro corde, è uno di quei rapsodi che percorrono le città e le campagne per far conoscere i poemi che hanno composto, che molti sanno già a memoria, che gli amanti ripetono, che i bambini a scuola, nel mondo greco tutto intero e da un capo all’altro dell’impero romano, poi dell’impero bizantino, imparavano fin dalla più tenera età. La scrittura e, molto più tardi, la stampa li spargono largamente e li rendono immortali.

Tutta la letteratura occidentale deriva dall’lliade e dall’Odissea dove sono già presenti i temi della guerra, dei viaggi, dell’ amore, del!’amicizia, delle passioni, dell’ambizione, del coraggio, della rivalità, del potere, della compassione, del denaro, della fatalità, della morte, del caso, del mare. Si può sostenere che non solo Eschilo, Sofocle, Euripide, ma anche, da Virgilio a James Joyce, l’autore di Ulisse, e a Borges, passando per Dante, per Ronsard –

 Voglio leggere in tre giorni l’Iiade di Omero,                                                  e per questo, Corydon, chiudo bene la porta su di me…

 _ per Tasso, per Cervantes, per Shakespare, per Corneille e Racine, per Goethe, per Chateaubnand, per Lautréamont, per Offenbach con La bella Elena, per Peguy -«Niente è più vecchio del giornale di stamani, e Omero è sempre giovane»

– e per Jean Giraudoux che fa rivivere  Ettore, Andromaca e Elena in La guerra di Troia non avrà luogo, tutta la letteratura non è altro che un commento senza fine e un seguito, in forme dIfferenti, dell Iliade e dell’Odissea.

IL SOGNO DEL VECCHIO

Tutti i popoli sono eletti. I cinesi, che sono giovani e numerosi, si sono considerati a lungo come il centro di  un mondo che finiranno per dominare completamente. Al contrario di una Cina che è cinese dalla notte dei tempi, non c’è una vera India. L’India è un pot-pourri, un millefoglie, un raccatta-briciole di razze, di lingue, di religioni, di modi di vivere. Gli indiani stanno insieme per un miracolo infinito e sono cari al mio cuore. A Damasco, a Bagdad, a Cordova, a Granada, con le loro conquiste, le loro moschee, i loro osservatori, le loro traduzioni e le loro Mille e una Notte, gli arabi incarnano insieme la cultura e la potenza. Gli inglesi sono un grande popolo che, per proprio conto o attraverso l’America, ha imposto la propria lingua, le sue regine, il suo tè, il suo habeas corpus e la sua democrazia, il suo tweed, le sue Rolls-Royce, la sua boxe e il suo rugby in tutti i cinque continenti. Percorrendo i mari sotto il nome di Vichinghi e i grandi fiumi sotto il nome di Vareghi, le genti del Nord hanno segnato con le loro orme la Russia, che deve loro il suo nome, l’Ucraina, la Normandia – e i Normanni, a loro volta, hanno conquistato l’Inghilterra, la Sicilia e la Puglia, tutta l’Italia del sud, fino a Roma, regina del mondo con Cesare, Augusto, Adriano, Marco Aurelio, prima di dare alla Storia uno dei suoi eroi leggendari, l’imperatore Federico II, genio universale, unico sovrano cristiano a diventare senza guerre il re di Gerusalemme. Il mondo germanico ha Bach, che ha fatto così tanto per me, e Feuerbach, Marx, Nietzsche, Freud, che hanno fatto tanto contro di me. E gli uni e gli altri, e forse soprattutto i miei nemici che si sono augurati e hanno annunciato la mia morte, li ammiro e li amo con una sorta di passione. I portoghesi navigano su tutti gli oceani, dal Brasile all’Africa e alle Indie. Cosa c’è di più bello che navigare? Gli spagnoli sono fieri e mistici e, quando non si battono, accade loro di dipingere. Non dirò niente dei francesi: Péguy si è incaricato meglio di chiunque di fare il loro elogio. Né degli italiani: i loro pittori, i loro scultori, i loro architetti, i loro musicisti, i loro santi anche, e la forma delle loro colline bastano a illuminare il mondo con la luce del mattino. Ci sono solo gli svizzeri di cui non riesco a raccontare niente: sono felici nelle loro montagne dove passano il loro tempo a allevare le vacche e i conti in banca. Eppure due popoli mi sorprendono più degli altri perché hanno fatto più degli altri per rendere così eccitante la sola storia che si sia mai svolta: sono gli ebrei e i greci.

Gli ebrei mi hanno inventato, ed è una grande cosa. I greci sono i primi ad aver scrutato i miei segreti.