Che cosa strana è il mondo 22 – – Dio non è un sapere. È una credenza – – – – – – – – – — – — — Jean d’Ormesson

L’AUTORE! L’AUTORE!

L’autore non si propone di redigere un trattato di teologia, un catechismo per bambini o per adulti, un’opera di lotta o di propaganda. Per diversi motivi, che sono stati esposti altrove, è stato educato – questa duplice filiazione si sente forse qua e là – alla fede nella religione cattolica e a uno spirito di tolleranza laica.

È agnostico. Non sa. Gli piacerebbe molto sapere. O, almeno, saperne un po’ di più. Scrive queste pagine per cercare di vederci un po’ più chiaro.

LE DUE DOMANDE

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, non può mancare di porsi due domande – e due domande solamente – semplicissime e senza risposta, ma alle quali è difficile sottrarsi e intorno alle quali giriamo dall’inizio di queste pagine.

La prima: Dio esiste?

La seconda: cosa c’è dopo la morte?

FORTUNE E SFORTUNE DI ANSELMO E DELL’ ONTOLOGIA

A lungo, teologi e filosofi hanno puntato sulle prove dell’ esistenza di Dio. Ne traevano lauti profitti. Le tiravano fuori di tasca. Ce n’erano a bizzeffe. Passavano per irrefutabili – e non sono mai riuscite a convincere che quelli che erano già convinti. La più celebre era l’argomento di Sant’Anselmo, chiamato anche «argomento ontologico». Era molto semplice: Dio è perfetto; la perfezione implica l’esistenza; quindi Dio esiste.

Kant ha fatto a pezzi l’argomento ontologico: Dio non è un fenomeno di cui possiamo farci una qualunque idea chiara. Non siamo capaci di dire niente di certo di Dio. Non possiamo né provare né refutare la sua esistenza.

Una prova irrefutabile dell’esistenza di Dio non è solamente impossibile. Sarebbe soprattutto una catastrofe. Una catastrofe, certo, per i non credenti, per gli atei, per i nemici di Dio. Ma una catastrofe anche per i credenti e per tutte le Chiese, ciò che fa la potenza di Dio agli occhi degli uomini, è che, anche quando crediamo in lui, non sappiamo se esiste. Il mistero è il cuore della fede.

Come molti grandi pensatori, Bertrand Russell non credeva in Dio. Uno dei suoi amici tuttavia un giorno gli chiese cosa avrebbe risposto a Dio se per caso si fosse trovato dopo la morte di fronte al giudice supremo, creatore di tutte le cose. Russell rifletté un attimo. E disse: «Non ci sono abbastanza prove!».

Temo che il premio Nobel si sia lasciato trasportare dalle sue abitudini di logico e di matematico. Dio non ha niente a che fare con le prove: le lascia ai pensatori e ai filosofi. Dio non è un esperimento di fisica: non tenta di imporsi in modo decisivo. Dio non è un’equazione: sfugge all’ evidenza. Dio non è un politico: non cerca di farsi eleggere a colpi di promesse e di argomentazioni. L’ambizione di Dio non è di essere irrefutabile. Se esiste, gli basta una sola cosa: gli basta essere – ed è abbastanza. Dio, nella sua essenza, è sconosciuto e nascosto. Nella religione ebraica, è appena permesso pronunciare il suo nome. Dice a Mosé che vederlo equivale a morire. Quando le legioni romane invadono il Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme, luogo mistico per eccellenza in cui solo il grande sacerdote ha il diritto di penetrare, scoprono con stupore un santuario interamente vuoto e nudo. Nella religione musulmana è proibito rappresentarlo. La sua evidenza distruggerebbe ogni religione. Dio è un’idea pura in un mondo diverso dal nostro. È tensione. È speranza. È un sogno infinito. Kant l’ha visto meglio dei teologi e dei padri della Chiesa: Dio non è un sapere. È una credenza.

Jean d’Ormesson – Che cosa strana è il mondo – Edizioni Clichy 2015