
Il bisogno di speranza
di Michela Marzano
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Il Papa ha parlato anche ieri, naturalmente. E ha parlato di risurrezione e di come si possa ricominciare anche dalle macerie, ha chiesto di aprire i nostri cuori e di vincere i pregiudizi. Ha parlato di speranza.
E forse mai come oggi abbiamo bisogno, anche da laici, di parole come queste. Per risorgere dentro e per ricominciare a sperare. Credere che la vita sia più forte della morte non perché la morte non faccia parte dell’esistenza, ma perché ci sono strade da percorrere e eventi da attraversare e sogni da realizzare e poi l’amore, che sopravvive anche quando si è perso tutto il resto.
Intendiamoci. Anch’io sono stanca, anzi, stanchissima.
Spesso scoraggiata. A tratti persino disperata. Quella disperazione che forse conosce davvero solamente chi, un giorno, ha pensato che il dolore della propria esistenza fosse troppo grande per continuare a battersi e per andare avanti. Quella disperazione che pensavo che non avrei mai più sentito, ma che è lì, perché ci sono cose del nostro passato che non passano mai, e quando il presente assomiglia di nuovo a una stanza senza porte e senza finestre, è difficile trovare all’interno di sé quella forza e quell’energia che sono necessarie per buttare il cuore al di là dell’ostacolo.
È per questo che mi permetto di parlare di speranza. E di quell’amore che resta. E della vita che è più forte della morte. Cose che, con la resilienza di cui tanti, troppi, parlano di continuo, non c’entrano nulla. Perché non è vero che dobbiamo per forza imparare ad assorbire gli urti senza romperci.
Il punto non è questo. Sono convinta che abbiamo tutti il diritto di non essere capaci di affrontare come si dovrebbe gli eventi traumatici della nostra esistenza, e a volte anche di romperci.
Il punto è la capacità di rialzarsi in senso anche psichico: accettare di cadere e di sbriciolarsi, ma poi ricominciare. “Invocando ciò che non c’è ancora”, come scrisse Ernst Bloch. Subito prima di aggiungere: “Cercando e costruendo nell’azzurro il vero, il reale, là dove il puro dato di fatto scompare — incipit vita nova “.
Repubblica 4/4/2021
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