Chagall La passeggiata
Il progetto figlio nella mente dei genitori
Giuseppe Basile
Un paziente mi invia un suo commento del quadro di Chagall e del suo essere in un percorso psicoterapeutico.
“Per me è un trattenere, anche se l’uomo Chagall già si staglia nel cielo. I piedi ben piantati in terra, ma rivolto al cielo.
E nei due innamorati, nei due amanti si possono vedere le due anime di ognuno di noi, la parte razionale e la parte intuitiva, poetica che precede la razionalità, e attraverso quest’ultima riesce a realizzarsi.
In fondo è anche così che si compie la maternità, il “progetto figlio” che passa attraverso l’opera concreta di un padre.”
Sapere o non sapere, chi sia il padre, conoscere o non conoscere la sua anima i suoi dolori, le sue preoccupazioni, non significa non intuire l’importanza di questo affetto. E forse perché ti sfugge nella relazione con lui, non è conoscibile (forse “Sono colui che sono”, Innominabile e Sconosciuto, non è solo la definizione che Dio dà di sé, ma è la “definizione” di ogni essere, e che spinge la filosofia all’imperativo “Conosci te stesso”), allora ti difendi dal vuoto in te, con l’ironia.
Forse mio padre stesso, mi ha inculcato il “qualcosa di diverso da lui” che fa essere genitore.
In psicoterapia non puoi portare l’Altro, il suo Essere, puoi soffermarti a parlare della relazione, di come stai nella relazione, cosa ti manca e cosa non riesci a lasciar vibrare nella relazione.
La poesia stessa va oltre gli amanti, e coinvolge ogni rapporto significativo, potrebbe anche essere un genitore, in un momento di fragilità, può essere un amico ammalato, o un ammalato che si rivolge a quel medico in quel momento sentito fratello. E penso a Mario Tobino. O il più noto Franco Basaglia
“Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne
e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo
questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientato…
cantami la canzone delle stelle
dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano, e stringila
forte prima che l’insolente fato
possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…
(Herman Hesse)”
Commento
Il pensiero del mio paziente a una prima lettura appare disarticolato, tanti sono i cenni toccati e sfuggenti che però si rincorrono e si richiamano creando immagini, sentimenti, emozioni sull’onda del linguaggio artistico della pittura e della poesia.
Nel quadro di Chagall lui vi vede non solo i due amanti quasi in volo, l’uno ancora con i piedi a terra che stringe la mano dell’altra già in aria, ma la rappresentazione di due modi di essere anima, maschile e femminile che però si integrano in un legame d’amore. Legame vitale che supera il sé e costruisce il noi. Il prendersi per mano che prefigura naturalmente, pur nella diversità, “il progetto figlio” come naturale evoluzione della relazione, che si definisce con l’essere padre e l’essere madre. Ma quale padre e quale madre saranno e quale figlio nascerà e diventerà? Un padre e una madre hanno ciascuno una propria storia relazionale e familiare depositata e scritta per cui sono quelli che sono, storia che necessariamente influenzerà il destino del figlio. Per cui: “Sapere o non sapere, chi sia il padre, conoscere o non conoscere la sua anima, i suoi dolori, le sue preoccupazioni, non significa non intuire l’importanza di questo affetto” nel bene e nel male, per cui potremmo dire che noi siamo anche quelli che sono stati i nostri genitori. Allora di fronte ad una difficoltà di un figlio di essere stesso si dovrà necessariamente leggere anche la storia del padre e della madre, rispondendo così alla domanda ingenua che tanti pazienti mi fanno: “A che serve conoscere il passato? Perché nella storia delle relazioni umane il passato è un presente che bisogna saper leggere per capire chi sono e perché. “Sono colui che sono”, Innominabile e Sconosciuto, non è solo la definizione che Dio dà di sé, ma è la “definizione” di ogni essere, e che spinge la filosofia all’imperativo “Conosci te stesso“. Che è poi la formula magica, usata anche in psicoterapia, perché entrare in psicoterapia è come entrare in una sala degli specchi e vedersi riflesso in tante parti di sé, tutte vere anche se diverse, e solo se ricomposte apparirà una immagine unitaria, più vera, più completa.
Solo allora si capirà l’importanza di trasmettere, scrivere la propria storia, aprire il cuore dove sono depositati i nostri vissuti per non restare “Innominabile e Sconosciuto” come spesso sono i nostri genitori e conseguentemente sconosciuti a noi stessi. Ma anche noi stessi sconosciti a noi stessi e limitati nel nostro voler essere. Io ho conosciuto mio padre nella sua profondità poco tempo prima che morisse mi lascia in eredità una testimonianza, un appello secco: ”Non ti dimenticare di me” e solo così, fedele alla sua consegna, la sua apparente assenza è diventata una presenza viva nella mia vita.
Allora ritornando a Chagall e a Hermen Hesse il tenersi forte per mano è segno e simbolo di una relazione forte e vera, di una relazione che completa, che si fa carico dei bisogni dell’altro, che rassicura, che dà speranza, che non ci fa sentire soli.
“Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…”