Il punto di partenza non è una finzione, esiste! di Nicola Colombo

Il punto di partenza non è una finzione, esiste

 …Vuol dire che il punto di partenza non è una finzione, esiste! O da qui dove ci troviamo o dal paese dove siamo nati occorre che si riparta. lo sto avendo la fortuna di poter ripartire, a differenza di te, da entrambi i posti, da tutti e due i porti. Perché, cara sorellona, il ritrovarsi è un partire sempre e dunque un tornare mai, oppure un partire mai e dunque un arrivare sempre. Basta che si voglia partire in libertà e non cacciato dalle imposizioni. Basta che si voglia non partire mai come scelta di libertà e non di costrizione. Altrimenti, sia se si parte e sia se non si parte, è una fuga dalla realtà e ogni fuga ha tanto di miscuglio con la vigliaccheria. Fuggendo, non si ritorna mai al punto di partenza e con la schiena dritta, sappilo. Mai! .

[…]

Ora lo sai, per dieci anni ho navigato tutti i mari del mondo e conosco le mille città della terra. Ma il deserto, quello della solitudine, continuo ad anelarlo, o di acqua o di sabbia o di roccia poco importa …

Perché è pulito sempre, e il vento quando si alza lo fa diventare un ricamo di onde o dune, seta color blu o seta color sabbia o seta color pietra. Non questa merda qui che ci sommerge…

Il timbro della mia voce, della tua voce, di tutte le infinite voci, turba il silenzio del deserto, come le parole tra noi che hanno colmato un silenzio di ventisette anni tra noi, l’assenza patita da noi.

Quindi, sempre tacere conviene. E tacendo avere il tempo di pensare e, pensandoci, continuare ad andare lungo la scia del destino segnato o di ciò che il caso ha già deciso di tracciare.

Altrimenti, Esmeralda, come potremmo colmare, o insieme o ognuno per conto proprio, il tracciato della memoria che ogni giorno, ogni ora, ogni attimo deve diventare carezza riposta sul ricordo di questa nostra vita, fino a che morte ci prenda?

Nicola Colombo, Il tempo e le storie di Hugo- OperaIncerta pagg. 94-95

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 Commento

Un punto di partenza ci vuole, esiste, in ogni storia, nella vita, nel lavoro, negli affetti. Un punto di partenza non è un filo logico. Un punto di partenza è il punto da cui cominci a chiederti chi sei, da dove vieni e anche dove vai. Non è una partenza fisica, ma una partenza da cui cominci a fare i conti sia quelli che tornano sia quelli che non tornano. Sono i più quelli che non tornano.

Si può restare sempre sullo stesso posto e non partire mai senza la necessità del confronto, della scoperta. E partire, ma con il desiderio e la nostalgia del ritorno, è come se non si fosse mai partiti.

Ma partiti da dove, da che, e perché si ritorna o non si ritorna?

Si parte o per destino o per fuga, o per necessità, ognuno con le sue ragioni. Io sono partito per destino. E partire è sempre un viaggio con l’arrivo incerto e non sempre quello sperato. A volte ci si ferma, a volte si inciampa, a volte svanisce la speranza. Ma se si parte per fuga, “fuggendo, non si ritorna mai al punto di partenza e con la schiena dritta”. È la storia di tanti nostri emigranti, vecchi e nuovi, fortunati e sfortunati.

Ma anche in fondo è la storia di tutti noi, nati per non restare nell’immobilismo, ma, raggiunta l’autonomia, prendere il largo lungo un viaggio sconosciuto, tappa dopo tappa.

Per questo c’ è bisogno di cercare il “deserto, quello della solitudine ed anelarlo”. È nel silenzio della solitudine, del distanziamento dall’obbligo della corsa continua, del ritiro dall’ascolto del vociare spesso vuoto e assordante dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. È il bisogno di fermarsi come scelta, il bisogno di comunicare nel tempo e nel modo opportuno il bagaglio di pensieri, affetti, sentimenti che ognuno si porta lungo il cammino.

Perciò imparare la cura del silenzio e del tacere, e “tacendo avere il tempo di pensare e, pensandoci, continuare ad andare lungo la scia del destino segnato o di ciò che il caso ha già deciso di tracciare.

Commenti

Daniela Barbacovi

Interessante. Complesso.

 

Flaminia Carbonaro

Mi sono persa fra partenze arrivi e non partire…. 😁

Giuseppe Basile Amministratore Autore

Perchè diversi sono i modi di partire. C’è un partire definitivo, il partire come fuga e quindi un partire senza ritorno, senza sentire il bisogno di appartenenza ad un luogo, al paese, alla comunità e senza memoria. Altro partire è quello di chi o per necessità o per destino si allontana, ma sentendo vive le sue radici, l’identità comune, la lingua, la cultura e la storia familiare, e quando ritorna (è il mio caso) è come se non fosse mai partito.

Potrebbe essere un contenuto artistico raffigurante cibo

Giuseppe Basile Amministratore Autore

Il mio amico, Nicola Colombo, autore del libro così commenta:

Pinuccio anche per chi ha come orizzonte di sola andata il destino segnato e quindi fugge da qualcosa o da qualcuno ( dalla miseria, dalla guerra, dagli aguzzini ecc) sente il bisogno della appartenenza, non dimentica il paese e nemmeno strappa indirizzi di case e luoghi… solamente la nostalgia lo può fottere, e quando ritorna dopo decenni ritrova i luoghi cambiati, violentati, distrutti e solo in un loculo tra data e data potrà reincontrare le persone care nel frattempo decedute… anche quel ritorno dettato dalla nostalgia e dal non aver dimenticato indirizzi e numeri di porta sarà un ri/partire verso il solito orizzonte di sola andata, ma la memoria no, non si tradisce andando via per sempre

Giuseppe Basile Amministratore Autore

Nicola, ti confesso che non ho le tue stesse certezze. Mi chiedo: ma la memoria ha ancora lo stesso valore e la stessa funzione quando è memoria di un dramma o di un trauma o di violenza? Certo comunque è una esperienza, una ferita che ti appartiene, che si vorrebbe cancellare, ma i segni restano. E far pace con la sofferenza non è facile, come mi capita di vedere nel mio lavoro di psicoterapeuta, quando il dolore diventa sintomo psicopatologico. Apparentemente la fuga sembra la terapia migliore, negando i legami, con la terra, con la storia e con le relazioni familiari. Ma forse hai ragione tu: la memoria non si tradisce andando via per sempre. Meglio fare i conti con se stessi e con gli altri!

Lia Terranova

è proprio vero le tue radici sono radicate al tuo paese natio e non si possono cancellare…ovunque andrai sarai un migrante arriverai vivrai …ma le tue origini non dimenticherai…sarà semplicemente : un colore un profumo un sapore una tradizione una cultura…. che ti riporterà alla tua terra