Il ricordo di mio padre

Giuseppe Basile 4 gennaio 2019

Il ricordo di mio padre

Oggi sono centosedici anni che è morto mio padre. Lo voglio ricordare oggi per saldare un debito che ho nei suoi confronti e per essere fedele alla promessa fattagli alcuni mesi prima di morire.

Ho parlato sempre poco con mio padre e quel poco quasi sempre della quotidianità, mai di affetti e sentimenti. E non so chi era, e non solo per quella faccia lunare oscura che ognuno di noi si porta. Erano mondi segreti, il suo e il mio. Per questo invidiavo alcuni miei amici che vedevo avere con il loro padre una comunicazione più spontanea. Chi faceva da tramite era sempre mia madre, che riportava e riferiva quando erano in gioco scelte di vita importanti.

Ma non c’era freddezza emotiva in lui, l’ho capito dopo, piuttosto incapacità espressiva a parlare di sé, dei suoi vissuti interiori. Come avesse un blocco. Il suo mondo interiore era chiuso, raramente qualche spiraglio si apriva e faceva intuire sensi, emozioni, memorie della sua storia, specialmente di quella infantile. Eppure per contrasto lo caratterizzava una capacità di socializzare in modo immediato anche con un estraneo, capacità che manca a me.

Mi sono chiesto tante volte perché mio padre fosse bloccato nella sua intimità, ho cercato risposte, e fra tanto cercare mi trovo a fare i conti con la sua storia infantile che ho potuto ricostruire mediante testimonianze familiari e documenti conservati e arrivati fino a me. Poca cosa, ma meglio che niente.

Storia triste, penso, quella di mio padre, storia di un neonato orfano di guerra.

Mio padre nasce nel Natale del 1914 da mio nonno Giorgio e da mia nonna Rachele. Mio nonno, contadino, riparte per la seconda volta per l’America dopo il matrimonio, ma quando nel maggio del 1915 l’Italia entra in guerra, viene richiamato al servizio militare, rientra in Italia contro il consiglio di suo fratello Giuseppe, anche lui in America a lavorare, per paura di non poter più ritornare a rivedere la moglie e il figlio appena nato. L’anno dopo nell’aprile del 1916 muore in combattimento sul Carso. Mia nonna dopo pochi anni si risposa, non penso per amore, ma per bisogno, con un vedovo, che però pone la condizione di non portare con sé nella nuova famiglia il figlio, mio padre, di circa quattro anni. Così mio padre vive con la nonna materna a cui viene affidato e che lo cura fino a quando si sposa con mia madre.

Non so dire, se per mio padre invece l’impegno e la passione sportiva e inizialmente quello politico, allora nel nascente PSDI, la sua facilità di comunicazione e di relazione siano serviti a curare la sua mancanza, la mancanza di un padre e anche della mamma anche se era vicina alla casa dove lui era cresciuto con sua nonna.

Non so se sia stato caso di resilienza psicologica l’aver superato un trauma grave, e forse non tanto per essere cresciuto senza padre, ma forse per essersi sentito abbandonato forzatamente dalla madre perchè il suo nuovo marito non voleva il figlio nella sua casa.

Mi sono sempre chiesto se questa doppia storia traumatica, l’essere cresciuto forzatamente senza padre e con il trauma della separazione dalla madre e con vissuti abbandonici abbiano potuto influire sulla sua crescita e sulla sua personalità. Ma anche sulla mia, perché riconosco il suo blocco come mio. Non ho certezze, ma penso di sì, confortato dalla teoria dell’attaccamento. A certe ferite non ci sono grandi rimedi. Il bisogno di amore rimane e così il desiderio di amare e di dare cura alla persona che si ama. Forse è per questo che nonostante l’incomunicabilità, mi sono sentito amato profondamente da mio padre.

Solo una volta mio padre mi si è rivelato nella sua intimità. Alcuni mesi prima di morire in una tiepida serata d’estate, seduti uno accanto all’altro sul poggiolo di casa, improvvisamente, rompe il silenzio, appoggia affettuosamente la sua mano sulla mia gamba e inaspettatamente mi dice quasi con implorazione e sottovoce; “Nun t’a’ scurdari ri mia”, Non devi dimenticarti di me. Ed è calato subito dopo il silenzio di prima, un parlarsi senza dire, non c’era bisogno di commentare, fare promesse inutili. Un messaggio, un appello, un programma di vita, una eredità preziosa. E questo mi è bastato per capire, scoprire e amare mio padre! Messaggio che ho voluto fare incidere sulla lapide della sua tomba per ricordarlo e per ricordami.

Ma perché, mi sono continuamente chiesto, questa implorazione lucida? Probabilmente lungamente pensata alla fine dei suoi giorni. Perché pensare che se dimenticato da chi è in vita, sarebbe stato uno scomparire definitivo, la vera morte, un’esistenza della durata di una stella cadente. Perché lasciare questo testamento di quattro parole, questo lascito, questa eredità preziosa? Possibile che nei suoi lunghi silenzi degli ultimi mesi sia arrivato a questa verità: che c’è vita se c’è memoria e non un semplice ricordo, pensando a suo padre che una volta morto nessuno lo ha più ricordato.?

Posso dire che ho cominciato a conoscere mio padre e a fare i conti con lui e io con me da quella frase, appello, implorazione, comandamento familiare fattomi e datomi come eredità. Se scrivo di me è per restare fedele alla sua consegna di mantenerlo in vita con la memoria per quello che è stato e ha significato per me, anche se scoperto alla fine. Ho fatto mia questa verità e questa eredità.

Ricordati di me!

Commenti

  • Paola Colla Un ricordo che mi fa riflettere e che mi ha dato emozione 😘 Grazie
  • Cristina Simoncelli  I legami! A distanza di tempo si scoprono.
    •   Giuseppe Basile Cristina Simoncelli, Sarebbe meglio se i legami relazionali fossero riconosciuti in vita, si capirebbe meglio come il sistema famiglia si regola su un giusto scambio del dare e dell’avere
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  •   Elena Rossi  È da tanto che non entro in FB e non leggo perché ritengo, per tanti motivi, si sia caduti in basso sia come commenti che come post. Dentro il social ci si permette di tutto purtroppo. Stamattina invece questa tua testimonianza fatta di parole forti, di sentimenti profondi, di ricordi scolpiti nel cuore, di verità ed intuizioni mi ha fatto emozionare. Forse vale la pena a volte di fare la grande fatica di discernere, di valutare e di lasciar scivolare quello che non importa o addirittura fa star male, per soffermarsi invece su parole che ti emozionano, ti arricchiscono e ti migliorano.

   Complimenti e grazie di aver condiviso questi sentimenti capaci di donare emozioni   ed arricchire questo mondo che ne è spesso così povero, soprattutto quello virtuale. Grazie prof

    • Giuseppe Basile Grazie, Elena Rossi, le tue ragioni sono anche le mie, e per queste ragioni per difendermi dal rischio di perdermi in una navigazione senza senso, mi sono dato la regola di essere molto selettivo nel dare amicizia a chi me la chiede e comunque avere un numero ristretto di “amici”
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  •   Flaminia Carbonaro  Hai fatto benissimo a raccontare questa storia tua personale. Hai fatto benissimo caro Pino. Ci hai emozionato. Quel ” nun ti scurdari ri mia” . Mi risuona dentro come fosse stato mio padre a dirmelo o mia madre . È bel messaggio che ci arriva dall’aldilà a tutti noi che ci lasciamo spesso scivolare i giorni e la vita senza riflettere. Io in questo momento sono nella casa natia, a Modica. Ogni volta che arrivo qua si apre un cantiere: aggiustare il portone, lucidare la scala, restaurare un tavolo e mi sembra di fare una carezza ai miei oltre che alla casa che hanno vissuto.
  •   Salvatore Fronterre
  • Che dire caro prof sei grande ….penso che la tua testimonianza piena di emozioni raccontano di una generazione forte ma schiva caratterizzata dagli eventi che ciascuno di loro ha vissuto ! Arrivederci a Pozzallo !
    • Giuseppe Basile che dirti, caro Salvatore Fronterre, forse hai ragione tu, e noi siamo figli dei nostri padri. Che vuol dire che dentro di noi c’è una traccia di nostro padre!
  •   Edelfo Chiaro Masciotto  Il mio sono 9 anni il 5 di gennaio…anche lui orfano di padre a 3 anni….e tante tante similitudini. Bravo Pino, ci vuole resilienza anche per mantenere questi bei ricordi.
    • Giuseppe Basile Grazie Massimiliano, Edelfo Chiaro Masciotto , quello che conta è capire che la storia familiare non è solo ricordo, è vita e rendere vivi chi non c’è più, perchè ogni genitore lascia una qualche traccia di sè a ogni figlio. Essere capaci di riconoscere cosa si è depositato in noi dei nostri genitori è una risorsa che ci aiuta a mantenere la sintonia con loro!
Marcello Vindigni
Grazie Pinuccio per questa profonda e drammatica testimonianza. Tuo padre,con il mio ed altri furono il nerbo di quella grande avventura civica e sportiva della Unione Sportiva Pozzallo, che portò una squadretta dalla seconda divisione alla promozione quando quella categoria era unica a livello regionale . Lo sport è servito a lenire ferite esistenziali?
 
 
Giuseppe Basile
Autore
Amministratore
Grazie Marcello del tuo pensiero. Mi hai fatto ritornare alla mente tanti ricordi, di Andrea, della tua casa, dove ero quasi di casa, di tua mamma, di tuo padre impegnato con il mio nell’Unione Sportiva Pozzallese. Non so dirti, se per mio padre questo impegno sportivo e sociale sia servito a curare la sua mancanza, la mancanza di un padre e anche della mamma anche se era vicina alla casa dove lui era cresciuto con sua nonna. Non so se sia stato caso di resilienza psicologica l’aver superato un trauma grave, e forse non tanto per essere cresciuto senza padre, ma forse per essersi sentito abbandonato forzatamente dalla madre perchè il suo nuovo marito non voleva il figlio nella sua casa. Riconosco però la sua facile socializzazione, la sua intraprendenza, la sua libera comunicazione. Posso dire che ho cominciato a conoscere mio padre e a fare i conti con lui e io con me da quella frase, appello, implorazione, comandamento familiare fattomi e datomi come eredità. Se scrivo di me è per restare fedele alla sua consegna di mantenerlo in vita con la memoria per quello che è stato e ha significato per me, anche se scoperto alla fine.
Ricordarti di me.
 

  •   Grazia Basile
  • Anch’io lo ricordo così, un nonno tutto d’un pezzo, serio, quasi intimoriva, proprio l’opposto della nonna Giovanna. Però, sempre disponibile ad aiutare i nipoti, e quindi credo anche i figli. Ancora ricordo quando mi accompagnava a lezione di tedesco nei caldi pomeriggi estivi, con la Panda.   Quante ne ha viste quella Panda, vero Luca Basile? Secondo me lo aveva capito che gli finivamo la benzina, eppure ci ha sempre “coperti”! Ecco, io me lo voglio ricordare così.
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  •  Giorgia Basile Stamattina appena sveglia, il mio primo pensiero è stato il nonno e quanti anni sono già trascorsi dalla sua morte.
    Che dire… zio su quello che hai scritto, con le tue parole ci fai emozionare❤️
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  •   Lucia Marchelli è proprio questo il “Don Vincenzo” (come lo chiamava l’amico Beppino G.) che ho conosciuto io: uomo schivo nel parlare di sè ma aperto con tutti e molto generoso, un vero “Signore” come l’ho sempre definito e ricordato.
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  • Marina Beccari
  • Ricordo molto bello. Emozionante ti tocca nel profondo del cuore. Ti dico All’Epoca di Tuo Padre i nostri genitori non Esternavano i loro sentimenti. Massima con i figli. Lui ha sofferto di questa Sua Situazione Tenendosi tutto dentro. Si è portato questo Bagaglio con dignità per non farlo sapere a Voi Figli che lui Amava ma non vi dimostrava. Fino in Vecchiaia. In quel momento si è sentito più fragile e ha voluto Farti partecipe dei suoi sentimenti verso di Te con Quella Bellissima indimenticabile frase. Che Tu Gelosamente custodisci. Un abbraccio Mary e Pino Giardina
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  •   Antonietta Marchelli tuo padre ti ha sempre amato anche non dimostrandolo con le parole, anche tu lo hai sempre amato e rispettato!!!!
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  •   Salvatore Fede Bellissima testimonianza, densa di emozioni e affettivita’.Conoscevo il S. Basile, e posso testimoniare, queste sue caratteristiche. Una persona ,speciale, un po’ fredda, ma di una dignita’ unica. Bravo dott. Giuseppe, hai tracciato, degnamente ,la figura di tuo papa’.bn giornata e auguri .
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  •   Salvatore Esposto Grazie di averci resi partecipi di questi tuoi toccanti e profondi sentimenti. Ciao Giuseppe, salutami la moglie.
  • Eulalia Cilento

    Sento anch’ io che nella semplicità di poche parole ci sia stata una grande intuizione…

    È proprio la memoria a rendere la vita di chi non c’ è più ancora viva. Molto spesso di fronte alla morte per un momento si entra in contatto con la nostra natura di esseri precari, di passaggio, si fanno buoni propositi per il futuro, nel giro di poco però, riassorbiti dalla frenesia della vita quotidiana si rimuove, forse a mo’ di difesa, una delle verità più vere con cui solo la morte ci può mettere in contatto e spesso ci si dimentica di chi non c ‘e’ più.

    Da pochi mesi ho perso, inaspettatamente mio padre e le parole che ho letto mi risuonano fortemente. Da quando è mancato il mio timore più grande è stato l’ oblio. Nella mia famiglia d’ origine non trovo terreno fertile per coltivare ed alimentare il ricordo di mio padre…la cosa mi rattrista profondamente, ma poi ho scoperto che attingendo alla mia creatività posso anche senza di loro, mantenere in vita mio padre…La sua è stata una vita per molti versi non vissuta, non voglio permettere che la sua morte rappresenti la fine…farò in modo che viva ciò che in questa vita terrena non ha vissuto ed in cui mi rispecchio, attraverso di me, attraverso la ricerca ed il tentativo di realizzazione del mio vero sé….

    E poi in realtà non sono sola, la vita attraverso apparenti coincidenze come l’ essermi imbattuta nella lettura di questo testo così profondamente umano, mi fa capire che esiste un’ energia che crea una rete di relazioni tra chi cerca l’ essenza, una rete che unisce e sostiene.

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      Giuseppe Basile

      Eulalia Cilento, grazie per questa sua commovente testimonianza di vita. La condivido. Io sono convinto che nel bene e nel male di ogni vita vissuta uno poi deve fare i conti con se stesso e con l’altro con cui è in relazione. Mi pare, da quanto dice, che quello che conta è lo stile e la natura della relazione con suo padre. Suo padre può e deve vivere in lei e può vivere se lei riconosce e fa sua una parte vitale di suo padre, è la parte di eredità che le ha lasciato. È unica questa parte di eredità, nasce e cresce nel silenzio della relazione, non è detto che sia condivisa con gli altri familiari, che magari si riconoscono eredi di altre parti o non ne riconoscono alcuna.

      Nel mio caso, il non dimenticarti di me mio padre l’ha chiesto a me quale nuovo comandamento e non so se l’ha detto anche agli altri miei fratelli e come loro l’hanno vissuto. Dopo io l’ho ripensato, meditato, analizzato nel suo significato relazionale e umano, scoprendone il senso vitale e farlo mio: se non c’è memoria non c’è vita. Da qui l’impegno di lasciare traccia di sé nella mente degli altri che ci sono più vicini. Nel caso mio specifico lasciare una traccia visibile e riconoscibile in quelli che più mi stanno a cuore. Il resto è vanitas vanitatum et omnia vanitas.

  •   Gino Giacomuzzi Ciao Prof 👨‍🏫 hai ragione non si finisce mai di imparare ad amare
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  •   Irene Martini Ciao Giuseppe, è stata commuovente questa storia…! Un saluto!
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  •   Daniela Gualazzi
  • Molto bello e commovente questo Tuo scritto che mi ha fatto ricordare mio padre anche lui nato nell’anno 1914 ma morto troppo presto (dicembre 1990). Colgo l’occasione per inviare a Te e Lucia il mio più caloroso augurio di un felice anno nuovo. 🤗🤗
  •   Ida Moiola Gli occhi parlano direttamente al cuore…..col cuore…..Buon anno prof.

   To Cristiana Dico solo grazie Pino per aver condiviso con noi . 😘

  Miriam Mieli Grazie, mi sono commossa.

  Franca Brunialti Un abbraccio fortissimo a voi !

  Stefano Tomasoni Mi hai commosso Pino ,e riflettere , grazie

  Orietta Fogolari ❤️mi hai fatta piangere prof.

  Mario Caproni Grazie Pino

Francesco Aiello
Ricordo tanto tuo papà, con quella voce squillante. Quando l’ho incnotravo mi diceva sempre qualcosa!!