La famiglia adolescente – – – Massimo Ammaniti

[…] Navigare la tempesta, a volte dando un colpo di timone, a volte assecondando il movimento delle onde. Se tiriamo le fila di quanto abbiamo detto fin qui, è questa l’immagine che più ci descrive in quel periodo assai delicato che vede incrociarsi gli anni dell’adolescenza dei nostri figli con i nostri cinquanta, e quanto si portano dietro. Dobbiamo bilanciare i dubbi che ci assalgono, sapendo che stiamo condividendo con loro due o tre anni tra i più difficili non solo per noi, ma soprattutto per loro. Pian piano il moto ondoso in cui siamo tutti coinvolti si placa e trova un suo assetto. Probabilmente tutto questo è la conseguenza di una maggiore consapevolezza di sé e di una capacità di interrogarsi sicuramente più grande rispetto al passato. Ma questo non esaurisce il problema. Dobbiamo chiederci se ciò non corrisponda anche ad una nostra maggiore fragilità personale. Dovuta, per esempio, al fatto di vivere in una linea temporale che non sopporta l’avvicendarsi delle tappe biologiche della vita. Non è un cambiamento di poco conto dal punto di vista psicologico ed esistenziale. […]

[…] Adolescenza che a sua volta si è molto allungata, al punto che è difficile individuarne un percorso tipico.

[…] Dunque, siamo tutti in mare. L’adolescenza appartiene ai figli, ma investe l’intera famiglia. È sempre stato così, ma oggi lo è in modo particolare e specifico. Lo abbiamo visto. I ruoli non sono più rigidi, prefissati, e a non sentirli così sono proprio coloro che li incarnano. Non esiste più una famiglia tipo, capita sempre più spesso che se ne abbia più di una, vivono insieme figli che provengono da famiglie differenti, e noi con loro assumiamo ruoli plurimi. È venuto meno – abbiamo contribuito attivamente a farlo venir meno – il sistema di valori che esisteva in passato e che ci attribuiva con forza il nostro ruolo. Senza modelli di riferimento a cui richiamarci, i genitori di oggi sono soli, sentono così liquido il proprio ruolo che cercano conforto e conferma dai figli, persino una legittimazione.

[…] Restituiamo l’immagine del genitore che sa mantenere il controllo della situazione, stabilendo le regole del gioco. Perché fra genitori e figli esistono, più o meno implicitamente, delle regole del gioco, ed è quindi importante evitare che nostro figlio ci dia scacco matto: lo vivrebbe come un suo trionfo e come una nostra capitolazione. Certo, si può battere anche la via più difficile che è quella di concordare con lui queste regole, ma quale che sia la scelta adottata, deve essere sempre chiaro che ci sono delle regole e che devono essere condivise. Da entrambi le parti.

Da questo punto di vista, il padre può giocare un ruolo importante se impara a occupare la scena familiare, può mettere dei punti fermi, pur mantenendo un atteggiamento amichevole con i figli. Anche in maniera convincente e duratura. Importante è non assumere il ruolo del genitore amico, non giova al genitore e ancora meno al figlio. Dobbiamo sforzarci di non assecondare il rapporto di complicità che potrebbe crearsi se assumiamo il ruolo di confidenti, che presto si trasforma in una invasione degli spazi personali di nostro figlio. […]

Massimo Ammaniti La famiglia adolescente

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“Dobbiamo chiederci se ciò non corrisponda anche ad una nostra maggiore fragilità personale”.

In quel maggiore sta forse la verità. Crescere i figli e Crescere con i figli, per citare un altro bel libro di Ammaniti, è stato sempre difficile, i genitori attenti e consapevoli hanno avuto sempre difficoltà a relazionarsi con i figli specialmente nella fase dell’adolescenza, perché l’adolescenza è un salto evolutivo che scompiglia, rompe gli schemi relazionali e comportamentali familiari. Ma poi, nel giro di pochi anni, “il moto ondoso in cui siamo tutti coinvolti si placa e trova un suo assetto”, il sistema familiare, se è funzionale, ritrova un suo nuovo equilibrio. Almeno questa è stata la mia esperienza di adolescente e quella degli amici della mia generazione.

Ma perché oggi la difficoltà di crescere con i figli è maggiore? Dove sta la maggiore fragilità? Prima di tutto, penso, per la mancanza di modelli genitoriali rassicuranti e indubitabili, non potendo più riproporre oggi nel contesto sociale cambiato quelli delle passate generazioni, che si sono mantenuti, tutto sommato, stabili nel corso dei secoli. Ma ora, in una società che cambia velocemente, che stimola e incentiva nuovi modi di vivere e nuovi bisogni individuali e sociali, questi modelli sono sterili e anacronistici.

Non è più il tempo del padre-padrone, né quello della madre sacrificale. L’alternativa non è immediatamente a portata di mano, la confusione si diffonde, nonostante i predicatori di verità, si sperimentano tentativi di nuove relazioni, genitori che regrediscono a fare gli adolescenti per essere alla pari con i figli adolescenti, il padre e la madre che si fanno “amici” dei propri figli, si vestono come i figli adolescenti, tanto per essere “moderni” e giovanili. Dimenticando che la relazione padre-figlio è caratterizzata da una differenza, di età, di ruolo, di esperienza e infine di “autorità” (nel significato che i latini davano alla parola auctoritas). Nella relazione interpersonale la differenza distingue, delimita spazi e comportamenti, struttura le identità, definisce le regole delle relazioni e dei comportamenti familiari.

Regole necessarie, senza le quali la convivenza familiare sarebbe caotica, confusa, imprevedibile e sconnessa. Regole dichiarate, e regole implicite, sconosciute e attive comunque. Regole funzionali e regole patologiche, che a lungo andare corrodono il tessuto familiare fino alla rottura. Regole una volta stabili, fisse, predeterminate che definivano l’identità dell’essere padre, dell’essere madre, dell’essere figlio. Il cambiamento del sistema familiare comporta ancor più perciò la definizione e soprattutto l’elasticità delle regole di convivenza, e il A che gioco giochiamo? prendendo a prestito il titolo del libro di Eric Berne, teorico dell’analisi transazionale.