Nymph di Antonio Mottola

“Nel deserto di New York”, raccolta di racconti e foto di Antonio Monda pubblicati su Repubblica, tema centrale, la metropolitana, scenario privilegiato per scoprire “le vite degli altri”

Nymph

di Antonio Monda

 

Se credono che non abbia capito sono degli illusi. Richard me lo avrebbe detto in faccia, abbracciandomi, perché così ci si prepara al dolore.

Invece il medico, per spiegare quello che mi sta succedendo, ha usato espressioni complicate. Ha parlato di memoria e di qualcosa dentro il mio cervello. Nel referto c’è scritto placche amiloidi e ammassi neurofibrillari, ma di tutto quello che ha detto è rimasta dentro di me una sola parola: progressivo. Lo ha ripetuto tre volte in mezzo a tante parole, deve essere il suo modo di farmi capire la gravità. Richard ne avrebbe usata soltanto una: irreversibile.

Il medico ha detto anche che potrei irritarmi più facilmente per cose sciocche, che avrò qualche difficoltà nel linguaggio e che ho bisogno di qualcuno che stia sempre con me.

Sono in una fase iniziale, questo l’ho capito, ma non ricordo quand’è che ho cominciato a non sapere più il nome degli oggetti che mi circondano. E poi dei luoghi, delle persone.

Ma non mi sento male, anzi. Solo che non mi piace che all’improvviso mi sorridano tutti: non è un mondo vero quello in cui ognuno è gentile.

 

Mio figlio viene a trovarmi ogni mattina prima di andare al lavoro e oggi ha portato con sé una donna.

È Olivia, mamma, non la riconosci? Siamo sposati da ventidue anni.

Mi ha detto che ho due nipoti, e che domani porteranno anche loro. Pare che mi adorino, sono fieri della loro nonna.

Mi sembra una cara ragazza, Olivia, deve essere una brava moglie. Mi ha lavato i capelli e mi ha messo lo smalto sulle unghie. Poi, prima di andar via, mi ha dato un bacio. Ha detto che sono bella ed elegante.

Ma appena sono usciti ho preso la metropolitana in direzione sud con i capelli lavati ed il mio smalto. Non so dove scenderò.

Qui mi guardano tutti, ma non sorridono, anzi non ci si guarda negli occhi.

Richard mi diceva sempre “non rinunciare mai alla tua libertà”, questo lo ricordo, e diceva di guardare sempre il mondo, che è sorprendente.

Chissà perché in questa stazione ci sono animali sui muri. E chissà quale animale è quello.

Ora non ricordo più come mi chiamo, ma ci sono cose che ricordo benissimo, e ricorderò sempre.

Come mi chiamava Richard, ad esempio: Nymph, diceva, ed aggiungeva sempre amore mio. Poi mi spiegava che le ninfe rendono fertile la natura, amore mio. Ispirano gli esseri umani, tutti, anche quelli che non lo meritano, e guariscono i mali. E poi cantano, cantano felici nel luogo a loro consacrato. Amore mio.

Una volta ho cantato per lui, nuda, e lui si è unito a me. Come era stonato.

Alla Columbia gli studenti lo ascoltavano incantati e alla fine delle lezioni applaudivano. Ci siamo amati quaranta anni, ogni giorno, ogni momento, anche quando qualche studentessa lo ha ascoltato con troppo incanto. Ma è stato lui ad andarsene per primo, e le malattie di cuore lasciano la mente intatta, sino alla fine.

Prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta mi ha detto nell’orecchio: “Nymph, in thy orisons be all my sins remembered[1]. Non era una frase sua, ma di uno spettacolo che abbiamo visto insieme, la prima volta che siamo usciti.

Mi manca, Richard, e se sento la sua mancanza significa che non ho nulla di irreversibile

(Nel  deserto di New York di Antonio Monda 03 Settembre 2021)

***   ***   ***

1] 1 Amleto di William Shakespeare Atto 3  Ninfa, nelle tue preghiere siano ricordati tutti i miei peccati.

 

Commento

“La memoria calcolante, la memoria dei nomi e dei numeri, a mano a mano, ma in modi diversi, si sgretola, e si perde il contatto con quello che noi siamo, e con quello che sono gli altri, ricadendo negli abissi di una solitudine che cresce vertiginosamente. Ma, questo vorrei ora ribadire, non si spegne con uguale rapidità la memoria vissuta, la memoria che è scrigno dei ricordi, e che resiste più, o meno, a lungo alla malattia; e questo non dovremmo mai dimenticarlo.

 Sì, siamo tutti imbarcati, quando si conoscano persone malate di Alzheimer, e ovviamente soprattutto quando si abbia a che fare con loro, ad accettarle nella loro angoscia e nella loro sofferenza; e in questo, lo ripeto, anche tenere presente la distinzione fra memoria vissuta e memoria cronologica, fra tempo vissuto e tempo della clessidra, ha una grande importanza (anche) terapeutica, e smettiamola, medici e non medici, di fare domande che mettano in gioco la memoria dei numeri, la memoria che si può chiamare cronologica, e il tempo della clessidra. Ne accresciamo inutilmente e dolorosamente la fatica di vivere e la disperazione. Non è facile, e forse non è possibile, immedesimarsi nelle condizioni psicologiche e umane di persone immerse, come avviene nella malattia di Alzheimer, nei vortici di emozioni e di pensieri frantumati, e per sempre perduti; e nondimeno non muoia in noi, che ne siamo indenni, la speranza: solo per chi non ha più speranza ci è data la speranza, che non è la speranza-illusione, ma la speranza che mantiene aperta in chi sta male e in noi una goccia, una scintilla, di speranza contro ogni speranza.”

Eugenio Borgna, Il fiume della vita –  Feltrinelli 2020)

 

E per concludere:

«Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio 

perché forte come la morte è l’amore

(Cantico dei Cantici  8,6-7).

Tomba di amanti di 2800 anni fa scoperta in Iran