Nessuno può insegnarvi nulla, se non ciò che in dormiveglia giace nell’alba della vostra conoscenza.
E se egli è saggio non vi invita ad entrare nella casa della sua scienza, ma vi conduce alla soglia della vostra mente.
Giacché la visione di un uomo non impresta le sue ali ad un altro uomo.
E come Dio vi conosce da soli, così tra voi ognuno deve essere solo a conoscere Dio, e da solo comprenderà la terra.
Gibran (1981)
Mi trovo questa pagina in un libro di psicoterapia di coppia, La psicoterapia con la coppia, (Malagoli Togliatti, Angrisani, Barone -Franco Angeli), usato per lavoro più di dieci anni fa. L’ho ripreso in questi giorni, e mi accorgo di questa pagina poetica collocata in evidenza, quasi come introduzione e chiave di lettura critica. Perché questa citazione in un testo di psicoterapia? Che risonanze, connessioni, agganci possono esserci con il lavoro di uno psicoterapeuta?
L’ho riletta attentamente e l’ho trovata significativa ed esplicativa dell’arte della autentica psicoterapia.
E’ la richiesta ingenua di un paziente che contatta uno psicoterapeuta per un suo problema: dimmi cosa e come fare per liberarmi di un problema assillante.
“Nessuno può insegnarvi nulla, se non ciò che in dormiveglia giace nell’alba della vostra conoscenza”, è la risposta. Un maestro può risvegliare solo quello che già c’è sopito in ognuno di noi, l’alba della conoscenza, che aspetta il raggio di sole, perché sparisca il buio della notte e della conoscenza.
“E se egli è saggio non vi invita ad entrare nella casa della sua scienza, ma vi conduce alla soglia della vostra mente”. E quello che succede nel lavoro di psicoterapia, in cui non c’è una trasmissione passiva di sapere, né una guarigione magica e suggestiva, se non un lavoro paziente fatto di ascolto, di offrire un appiglio a cui aggrapparsi per potersi rialzare, di un seguire l’altro nel silenzio all’ombra del tempio, con amore e fede. È l’antica arte socratica della maieutica, di aiutare l’altro a tirar fuori quello che ha già dentro, a scoprire la verità del suo star male, piuttosto che dare istruzioni preconfezionate o fornire una propria verità, anche se autorevole, perché fornita da un maestro.
“Giacché la visione di un uomo non impresta le sue ali ad un altro uomo”. Se lo facesse sarebbe un cattivo maestro e un cattivo terapeuta.