Ribaltare l’ordine delle priorità che fin qui hanno governato la mia vita – Gabriella Caramore

Ribaltare l’ordine delle priorità che fin qui hanno governato la mia vita

Gabriella Caramore

 

Ho troppo presenti le fatiche dell’invecchiare, vedendole nelle persone intorno a me – e in parte anche in me stessa, intuendole in chi le deve affrontare in condizioni di disagio e infelicità, e anche, e soprattutto, in quella immane moltitudine di vecchi lontani dai nostri occhi e dalle nostre cronache.

Vorrei chiedere a me stessa, prima di chiederlo agli altri, se sono capace di ribaltare l’ordine delle priorità che fin qui hanno governato la mia vita. Se non ci si è esercitati negli anni forti, o almeno nel tempo penultimo, sarà difficile riuscire a farlo nel tempo ultimo. Ma proprio perché è l’ultima opportunità, è «ora» il tempo per rischiare. Io credo nella possibilità di un sussulto del cuore, di una ribellione dell’intelligenza che siano in grado di far gustare piaceri, bellezze, armonie forse mai provate prima.

Accade, a un certo punto, non solo di dover rinunciare alla propria libertà di azione e movimento, ma anche che la propria assoluta autonomia venga ridimensionata; che si debba accettare una riduzione della propria indipendenza, che ci si debba assoggettare a un aiuto da parte degli altri. È ovvio che se lo si accetta si dovranno superare fastidi e disagi. Ma non potrebbe anche aprirsi uno spazio di autonomia interiore? Una libertà, o liberazione, dalla schiavitù di abitudini troppo a lungo protratte, e un sollievo nell’affrancarsi dal consueto modo di disporre di sé. Certo il costo è pesante. Ma non potrebbe essere lieve accettare, intimamente convinti, che ribaltare l’ordine delle priorità è un atto di grande libertà?

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Commento

Ma quando comincia il tempo della vecchiaia? Quando ci accorgiamo che si indeboliscono e che si riducono le nostre risorse e le nostre capacità fisiche, fisiologiche e mentali? Quando gradualmente si spegne il desiderio di conoscere come va il mondo vicino e lontano? Quando diventiamo sempre più abitudinari nel modo di vivere?

Domande tutte vere, ma non per questo bisogna concludere che siamo entrati in un tempo finito, in un modo di vivere ripetitivo, incapaci di “ribaltare l’ordine delle priorità che fin qui hanno governato la mia vita”. Perché senza volerlo e senza saperlo siamo entrati lentamente in altro mondo, dove tutto diventa sempre più ripetitivo. E ci adattiamo alla monotonia, rassegnati che i giorni che passano non portano più niente di nuovo. Si affievoliscono così soprattutto le capacità mentali per mancanza o rifiuto di stimoli, e specialmente per mancanza di desiderio di essere vivo, attivo, capace.

Io sento e vivo i miei cambiamenti, mi vedo nello specchio e non mi riconosco, ma non mi impensieriscono, almeno finora. Mi accetto per quello che sono, mi ritengo fortunato, lavoro ancora, anche se a ritmo ridotto, ma la psicoterapia mi permette di allenarmi e a mettermi sempre in gioco, perché fondamentalmente è ricerca. Ognuno che mi si presenta è mistero, a cui non dico mai io so, perché comunque è uno sconosciuto a se stesso, tanto più per me. La mia proposta è quella di fare un viaggio alla ricerca appassionata del malessere del paziente. Viaggio, perciò, sempre unico, nuovo, diverso, non può perciò essere ripetitivo. E fare ricerca è, prima di tutto, impegno etico, formulazione di ipotesi possibili e plausibili di quanto scoperto, ma soprattutto ricostruire una storia sconosciuta che ognuno di noi si porta dietro sulla schiena. Prima o poi si arriva al punto di lasciare andare da solo il paziente e facendogli scegliere la strada migliore per il suo vivere.

Tutto questo è passione che richiede una mente allenata, viva e attiva.

Questa è la mia autoterapia che mi fa essere attivo mentalmente, anche se sono in deficit in altri campi.

 

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