Il mio destino? Eugenio Borgna

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Il mio destino?
Eugenio Borgna

“Cosa potrei invece dire delle mie esperienze? Un compito temerario, che potrebbe almeno in parte essere svolto da chi abbia letto i miei libri, e possa valutarne le oscillazioni e le metamorfosi nei pensieri, e negli stati d’animo, nei modi di esprimerli, e di svolgerli. Ogni libro, quando si confronta con il grande tema delle emozioni, non può non lasciare tracce più, o meno, visibili della interiorità di chi lo ha scritto; ma, a parte questo, cosa dire delle mie esperienze? Si conciliano con quella che è la scontata immagine della vecchiaia: come una forma di vita che cambia profondamente la nostra memoria, le nostre risonanze emozionali agli avvenimenti, le nostre capacità espressive, la nostra malleabilità e la nostra mutabilità nei pensieri, non più flessibili e originali, la prontezza e l’abilità nelle risposte emozionali e razionali a quello che avviene di giorno in giorno, l’impulso a tenersi aggiornati, e a cambiare le nostre opinioni e i nostri orientamenti culturali, e a non lasciare morire in noi la speranza? Certo, continuo a scrivere, e a leggere, libri non solo di psichiatria, ma di letteratura e di spiritualità, che aiutano a vivere. Non ho nemmeno problemi nello svolgere conferenze senza appunti né scritti né telematici, ma non ne so valutare le differenze con il passato.

Sì, seguire alcune pazienti con disturbi depressivi mi ha aiutato, e mi aiuta, a dare un senso alla mia vita, che non naufraga nella routine, e nella noncuranza. Non si può generalizzare, ciascuno di noi vive la vecchiaia a suo modo; e, se non ci sono disturbi somatici, o psichici, che rendano la cosa diffìcile, la vecchiaia consente una vita di relazione diversa, ma non meno dotata di senso, di quella delle altre età. Radicale importanza ha ovviamente il contesto interpersonale e sociale in cui si vive, e non posso non pensare con angoscia alle condizioni di vita in case di riposo, nelle quali bastano alcune settimane a causare rapide e dolorose regressioni. Ogni volta mi chiedo: se il destino, mille possibili cause, non mi avesse consentito di non entrare in una casa di riposo, come avrei potuto salvarmi dalla solitudine e dal silenzio, dal male di vivere e dalla inerzia, o infine dalla disperazione? Mi chiedo ancora cosa possano pensare, quali desideri e quali speranze abbiano le persone che vivano in una di queste case di riposo, quali relazioni riescano a creare fra loro, e ancora quali gesti e quali parole, quali sorrisi e quali lacrime, sappiano dimostrare medici, se ci sono, infermieri, assistenti sociali, e familiari. Conosco alcune di queste case di riposo, e continuo a farmi queste domande, alle quali non so rispondere, anche se le cose che conosco talora mi angosciano, e faccio fatica a non spegnere fiammelle di speranza. La mia vita non ha ora questi problemi, che non posso nondimeno non immaginare in questo carosello di pensieri e di timori, di ricordi e di nostalgie, di pensieri e di fantasie, di sogni e di esperienze, che fanno parte della vita di ciascuno di noi, quando in particolare il nostro destino sia stato quello di imbarcarci nel mare della vita sulle fragili zattere di una psichiatria come scelta di vita. Dalla mia infanzia alla mia adolescenza, dalla mia giovinezza alle altre età della mia vita, sono sgorgati sciami di ricordi (intrecciati a quelli di libri che fanno parte della mia vita) che hanno dato un senso ad alcune scelte della mia vita, e anche a quella di fare della psichiatria una ragione di vita.

Eugenio Borgna , Il fiume della vita. Feltrinelli pag 134-136

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Commento

La pagina non avrebbe bisogno di commenti, ma non lascia indifferenti.

Prima o poi per ognuno di noi viene il tempo della vecchiaia che si assottiglia sempre più senza fare sconti sulla durata.

È il tempo lento delle disillusioni, della fine delle corse incessanti, spesso non volute, dell’interrogarsi del senso della propria vita, ma anche, perché no, dei progetti sospesi, di quello che avremmo voluto essere e dire, di volta in volta sempre rimandato al giorno propizio.

È il tempo del riconoscimento del proprio valore accumulato e sperimentato negli anni della vita attiva, e del desiderio di renderlo disponibile per gli altri, specialmente per quelli che chiedono aiuto e per quelli che ne hanno bisogno senza chiederlo. C’è sempre qualcuno accanto a noi che non chiede a parole, ma lo chiede con quel linguaggio non verbale, che anche se è il primo linguaggio appreso nella vita, è poi dimenticato.

È il tempo della solidarietà umana e del riconoscimento del comune destino con il prossimo che ci vive accanto.

Ma è anche il tempo del bisogno di lasciare una traccia di sé per gli altri che restano, figli e nipoti soprattutto, nella speranza di sopravvivere nella memoria e con l’eredità, con quella parte di noi che abbiamo trasmesso senza saperlo e senza conoscerla. È questo il vero patrimonio, la foscoliana “corrispondenza d’amorosi sensi/per lei si vive con l’amico estinto/e l’estinto con noi”.

Alla fine è l’amore che assicura la vita.

2 Risposte a “Il mio destino? Eugenio Borgna”

  1. Andavo alla casa di riposo a trovare la mia mamma non la vedevo così Triste fino a che la grande disgrazia e successa a me. Il Covit si è insinuato impossessato delle nostre vite. Non ha lasciato scampo ha preso rubato portato via. la mia Cara mamma era lì alla casa di riposo nel momento del bisogno di avere qualcuno accanto era sola, indifesa, fragile con la mente confusa. Avrà pensato i miei figli mi hanno abbandonato a che scopo vivere? Forse cercava la nostra mano per aggrapparsi chiedeva Aiuto e Noi non Ceravamo. Ecco che arriva la terribile notizia la mamma ci ha lasciati. Smarriti persi pieni di domande che non avranno mai una risposta. Ora non posso più nemmeno guardare dalla parte della casa di riposo con tutte le mie forze cerco di dimenticare i momenti terribili il tunnel buio che abbiamo attraversato si il dolore si smorza ma la mente il cuore non lo dimenticheranno mai. La vecchiaia se vissuta in famiglia con Amore è bella è un insegnamento per i giovani. Vissuta lontano dagli affetti è un inferno Ho visto tante lacrime di gente sola e ancora più straziante è vedere un Uomo che in casa di riposo perde la sua dignità. Per questo facevo la volontaria la dentro per regalare un sorriso, per regalare una parola a chi era solo senza affetti. Dio perdonami ora a parte che non si può entrare ma proprio io non c’è la faccio più. A varcare quella soglia. Del Covit ho paura non sono sola ho mio marito abbiamo l’amore che ci aiuta a superare i momenti difficili. Anche l’età mi fa paura Se penso al mio destino il passato era molto triste il presente lo sto combattendo con tutte le mie forze il Futuro non lo vedo l’unica arma per combattere è l’amore.

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