Il terapeuta ferito

Giuseppe Basile (Psicoterapeuta familiare)8 sett.
Giuseppe Basile·
Lunedì 8 agosto 2016

Il terapeuta ferito

“Il 9 settembre 1992 notammo un interessante articolo pubblicato dal New York Times, incentrato sul modo in cui la storia personale di un terapeuta influenza i suoi pregiudizi e il suo operato. La maggior parte dei terapeuti descritti nell’articolo riteneva di essere stata maltrattata o trascurata dalla propria famiglia durante l’infanzia. Essi raccontavano come, da adolescenti o da giovani adulti, avessero sempre incontrato qualcuno che era stato loro d’aiuto nel superare tale “maltrattamento” attuato dai genitori. La storia raccontava che molti di questi individui in seguito erano diventati terapeuti e si erano dedicati particolarmente alla psicoterapia allo scopo di offrire ai clienti lo stesso tipo di aiuto che essi avevano ricevuto. Un tema strettamente connesso a tale caricatura delle esperienze di vita dei terapeuti è la vicenda dell’“aiuto” a cui si collegano professioni fondate appunto sull’“aiuto”. Molto spesso, connessa a questo tema, vi è l’idea che ciò di cui le persone hanno bisogno sia calore, comprensione e a volte persino amore. Si tratta di un pregiudizio estremamente forte e comune, proprio della nostra cultura, condiviso anche da molti di noi terapeuti. La convinzione secondo la quale le persone hanno bisogno di calore e comprensione, che ha favorito il sorgere delle professioni dell’aiuto, potrebbe essere vista come il risultato di tre tradizioni estremamente influenti: quella religiosa della pietà, quella psicoanalitica di “comprendere” le cause remote e profonde di ogni comportamento, la tradizione marxiana dell’uguaglianza per cui ogni essere umano sofferente deve essere portato allo stesso livello di sicurezza degli altri.
Dopo aver letto l’articolo del New York Times, cominciammo a pensare a quanti di noi, terapeuti, sembrano venire intrappolati o motivati dal desiderio di insegnare alle persone come raggiungere un ideale:
– come essere un buon padre;
– il modo giusto di essere una buona madre;
– come i genitori dovrebbero parlare tra loro di fronte ai figli;
– come trascorrere il tempo in modo qualitativamente utile con i nostri figli, con i coniugi, con gli animali domestici ecc.;
– come tenere a debita distanza i parenti acquisiti;
– come avere rapporti sessuali soddisfacenti con il proprio coniuge;
– come stare vicino ai propri figli senza trascendere in un comportamento sessuale;
– come gestire una sana relazione amorosa;
– come divorziare con successo senza ferire i nostri figli o nostra madre;
– come parlare da solo senza apparire pazzo agli occhi degli altri;
– come mangiare a sufficienza evitando di mangiare troppo;
– come restare innamorati dello stesso coniuge senza curarsi del tempo fisiologico che trascorre;
– come tenersi in contatto con il nostro lato infantile a cui siamo molto affezionati e conservare una salutare fiducia nel futuro, ecc…

G. Cecchin, G. Lane, W.A. Ray – Verità e pregiudizi – Un approccio sistemico alla psicoterapia – Cortina Editore

Giuseppe Basile (Psicoterapeuta familiare):

E la lista di tanti pregiudizi che i “professionisti delle relazioni di aiuto”, compresi gli psicoterapeuti, hanno, sarebbe ancora più lunga. E il fondamento di base comune è la pretesa di una diffusa richiesta di aiuto a cui si risponde con una diffusa offerta di corsi di apprendimento per genitori, dando per scontato che esistono tecniche, metodi, regole, spazi per imparare ad evitare errori educativi e relazionali.
Io rispondo che ormai questa pretesa, anche se ingenuamente mi ha sfiorato la mente tempi addietro, ora, con gli anni e l’esperienza personale, familiare e professionale, la trovo, se non fallace, inconcludente.
Io rispondo umilmente con la mia “bottega”, che non ha e non vuole avere la pretesa di insegnare alcunché, ma che vuole mettere a disposizione un tempo e uno spazio di osservazione indiretta e auto-osservazione del crogiolo dei movimenti interni dell’animo umano.
E ognuno ha i suoi, non confrontabili con quelli degli altri, unici.