LA STORIA DEGLI UOMINI

Che cosa strana è il mondo 29

La storia degli uomini

Jean d’Ormesson

LA STORIA DEGLI UOMINI

La storia è la forma che prende il tempo per forgiare il destino degli ultnini. Per miliardi di anni il tempo scorre senza gli uomini e costituisce a partire dal Big Bang un universo che non ha quasi nessuna realtà perché non c’è nessuno per pensarlo. Sorgono gli uomini. Escono dalla materia – e si mettono a pensare. In un modo o in un altro arriva il turno di Dio alla testa delle cose. E subito, dalla testa ai piedi, sono sprofondati nella storia. Guardate: ci sono dentro fino al collo.

Ci sono, in verità, due storie distinte. Prima di tutto la storia dell’universo che si costruisce e che Dio solo può conoscere. E poi la storia organizzata e raccontata dal pensiero degli uomini. Nel seguito degli avvenimenti che si incatenano e si mescolano in mezzo a una molteplicità e a una complessità crescenti, gli uomini effettuano una cernita e una classificazione più o meno arbitrarie. E compongono dei racconti che non coincidono sempre tra loro e che chiamano «la storia».

Cosa accade in questa storia che non è mai totale o che lo è solo per Dio – se (refrain) esiste? Si costituiscono società, scoppiano conflitti continuamente e un po’ dappertutto, nascono e muoiono imperi, si succedono scoperte, si fanno grandi cose, si spargono i saperi, evolvono le idee, si trasformano i costumi, si modifica il clima, tutto non smette mai di muoversi e di rimanere simile attraverso i cambiamenti. Il motto famoso del Gattopardo – «Bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com’ è» – non si applica solo al principe Salina e all’aristocrazia siciliana: si applica alla storia.

Si edificano delle teorie. Da Erodoto a Tucidide, da Tito Livio a Tacito, da Ibn Khaldun a Gibbon e a Michelet, le grandi menti cercano di capire il destino nascosto degli uomini. Per Marx la realtà è economica e sociale. Per Freud il ruolo del sesso è determinante. Spengler crede che le culture invecchino e declinino come le persone. Toynbee vede la chiave della questione in una sfida – a challenge – che gli uomini si lancerebbero uno con l’altro: Fukuyama s’immagina che la storia finisca sotto l nostn occhi. Huntington parla di uno choc delle civiltà. Ogni epoca ha le sue prospettive, le sue illusioni, i suoi colpi di genio, i suoi timori e le sue speranze.

Montaigne è il migliore degli storici quando vede nel mondo un «dondolio perenne». Se c’è una lezione di storia, è che tutto avviene sotto il sole e che tutto continua. Non c’è niente di sicuro nella storia degli uomini. Niente è mai acquisito per sempre. Le istituzioni, i sistemi, le dottrine, gli uomini passano il loro tempo a elevarsi e ad essere schiacciati. È la storia degli imperi, delle religioni, degli amori e delle ambizioni.

Sembra che la storia si riassuma in una lotta tra forti e deboli. Dio, come tutti sanno, è dalla parte dei vincitori. Ma, alla fine dei conti, per un’astuzia costante della storia, sono i più deboli che diventano i più forti. I padroni regnano, i tiranni sterminano, gli orgogliosi hanno la meglio. E sempre, alla lunga, gli schiavi hanno la meglio sui padroni, i popoli sui tiranni, gli umili sugli orgogliosi. Il segreto fulminante e consolante del nostro mondo è, se non che i più deboli vincono sempre, almeno che i più forti finiscono sempre per perdere. È la regola. È la legge.

Per prendere solo qualche esempio evidente e recente, i Caldei, gli Assiri, i Medi e i Persiani s’impongono volta a volta prima di distruggersi gli uni con gli altri, i Greci antichi cedono ai Romani, l’impero romano è invaso dai Barbari, l’impero bizantino è vinto dai Turchi, la Sublime Porta vittoriosa non tarderà molto a crollare a sua volta, il Sacro Romano Impero si sfalda, la Spagna, l’Inghilterra, la Francia trionfano prima di andare in declino, la Germania nazionalsocialista e la Russia comunista sembrano, agli occhi dei loro sostenitori, delle loro vittime e anche dei loro avversari, destinate a durare per mille anni e scompaiono abbastanza velocemente, una dopo l’altra, nel niente. Non ci vuole un mago per predire, controcorente rispetto all’opinione generale, che gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Brasile, il mondo musulmano occupano o occuperanno un posto predominante per poi regredire come i loro predecessori. E solo una questione di date e di tempi. Non vedremo forse, noi vivi, la resurrezione di un’Africa nera, madre della storia e oggi infelice. Ma il suo ritorno trionfale al primo posto del mondo è scritto con certezza in un futuro più o meno lontano. Alla fine, ci sarà un mondo unificato in cui le razze saranno scomparse in una preistoria svanita, ci sarà un altro mondo in cui nessuno può dire niente.

Niente, se non che, nella loro vita pubblica come nella loro vita privata, gli uomini non hanno regnato, non regnano, non regneranno che per essere abbattuti. Attraverso la morte per gli individui. Attraverso la storia per i popoli. E non c’è eccezione. Principi, consoli, faraoni, re, imperatori, zar, califfi e sultani, rajah e nizam, capi ribelli o capipopolo, potenti di ogni tipo, tutti finiscono come la colossale statua di Ramsete II che era alta quasi venti metri e pesava quasi mille tonnellate e le cui gigantesche macerie sono sparse nella corte d’ingresso del Ramesseum di quella Tebe dalle cento porte che chiamiamo Luxor.