Per favore dite a tutti che cosa state leggendo di Stefano Bartezzaghi
Forse non c’ è proprio nulla da fare. Nemmeno le crisi del cinema e della tv generalista, abbinate al mutato clima di montiana sobrietà, portano italiani verso il libro, anzi; né vale più la tradizionale consolazione del libro come prodotto anticiclico, che va bene quando il resto va male. Oggi il resto va male, il libro va malissimo. Quando si è alle prese con un’ impasse italiana, per provare a uscirne è buona misura cercare l’ elemento astratto in primo piano (ce n’ è sempre almeno uno) e quello concreto nascosto (c’ è sempre anche quello). L’ elemento astratto qui sta nella liturgica esortazione alla lettura. «Italiani, leggete; leggete di più, e qualsiasi cosa: l’ importante è leggere perché leggere vi rende migliori». Guai a specificare come, cosa, dove. La lettura è vista come la preghiera: un atto intimo o pia intenzione che (quando c’ è la fede) trova il suo modo di funzionare da sé, e per via sovrannaturale. Cosa sia, di preciso, nessuno lo sa o lo dice: ma almeno come placebo, deve funzionare senz’ altro. Lo dicono tutti! L’ elemento concreto sarebbe invece il libro, che in Italia è perfettamente invisibile fuori dai luoghi in cui lo si vende o lo si promuove. Quando mai un personaggio pubblico è stato fotografato nell’ atto di leggerne uno? Quando mai un presidente del Consiglio ha citato un libro, e magari non Pinocchio, Il piccolo Principe o la Bibbia? Non si parla di Berlusconi, che va beh; anche questi nostri raffinatissimi governanti attuali sembrano perpetuare l’ equivoco della luce accesa a Palazzo Venezia sino a tardi, per provvedere a noi. Leggere è da fannulloni e bamboccioni. Bisogna averlo fatto a vent’ anni. Finita la formazione, il lavoro non darà mai più modo di aprire un libro: purtroppo. Quanti rimpianti. Il bello è che tutti di libri ne scrivono, o almeno ne firmano; oppure li presentano, per esempio se l’ autore è Bruno Vespa. Ma in quanto a leggere e servirsene, mistero. Cosa legge, il Capo? Non lo sappiamo del premier Monti, ma del mister Montella sappiamo che dava ai suoi giocatori L’ alchimista di Paulo Coelho. È qualcosa. Ma Fornero? Marchionne? Marcegaglia, Squinzi, Camusso, Montezemolo, Confalonieri, Armani, Draghi, Fiorello, Passera, Bagnasco, Casini, Pausini, Manganelli (il capo della Polizia), Bertone, Mentana…? Quando mai a uno degli uomini e o a una delle donne (ma sono quasi tutti uomini) più influenti d’ Italia è scappato detto qualcosa di non banale o banalmente emozionale a proposito di un libro? La lettura è un’ attitudine imitativa, si prende se si vede che gli altri ce l’ hanno. Per questo, dire che leggere fa bene non serve a nulla, se nessuno ci ha mai visto farlo. Tullio De Mauro ha detto che il livello culturale di un italiano non è più (come era una volta) funzione del reddito della sua famiglia, ma del numero di libri presenti nella sua casa natale. Molti bambini leggono; poi già durante le elementari o le medie non vedono più alcun coetaneo o alcuna coetanea che legga per piacere e non per costrizione: allora, via i libri. A differenza di chi sta lavorando, telefonando o chiacchierando, chi legge può essere sempre interrotto: è così annoiato da aver addirittura voglia di leggere. Si leggeva in stazione: ora è impossibile, ci sono ovunque video pubblicitari fracassoni che impediscono di concentrarsi sia pure su Tex. A giudicare insomma da quanto si vede in Italia è chiaro che la lettura è un passatempo del tutto ozioso, adatto a quei pochi eccentrici a cui andare a scuola piaceva. Gli slogan possono esortare alla lettura, a parole: ma nei fatti la dichiarano vana e snob. –
Repubblica 24 marzo 2012 — pagina 55 sezione: CULTURA